martedì 25 marzo 2025
L'ANNO DEI BIANCOSCUDATI
lunedì 10 marzo 2025
LA TORRES DEL PORTO
L'ombra di Cagliari, dello scudetto, di Gigi Riva ha per certi versi oscurato l'altra Sardegna del calcio, quella della Torres, più ridotta, meno esigente, mai stata neanche in B ma pur sempre quella di Bruno Rubattu, di Gianfranco Zola e dell'attaccante greco Theofilos Karasavvidis. E chissà che bellezza aver visto giocare la Torres nei campionati sardi di “foot-ball” del 1911 nel campo del quartiere Porcellana, fra gabbiani in volo e odore di acciughe al pomodoro, riadattando un capannone adibito a falegnameria ad uso spogliatoio e palestra, esattamente otto anni dopo rispetto al 20 settembre 1903 quando l’Educazione Fisica Torres farà il suo esordio pubblico con un saggio ginnico che si tenne nel teatro Verdi. E chissà che bella era pure la Torres allenata negli anni trenta dall’ungherese Ferenc Plemich, quella che sfiorerà la serie B giocando nell’impianto di Via Molino acquistato per 80 mila lire, dove la prima pietra venne posata alla presenza del Re d'Italia Vittorio Emanuele III di Savoia, che scoprì una lapide, (oggi unico elemento superstite dell'impianto originario) con inciso i nomi degli atleti della polisportiva torresina caduti sul fronte durante la Grande guerra. Lo chiameranno inizialmente stadio “Torres” senza troppa fantasia, successivamente modificato negli anni Settanta in stadio "Acquedotto", proprio per via della presenza della palazzina dell'acquedotto cittadino in prossimità dell'ingresso. Poi nel 2001, a due mesi dalla sua morte, lo stadio fu intitolato a Giovanni Sanna detto Vanni, calciatore originario di Alghero che nella sua carriera militò nella Torres sia come giocatore, sia come allenatore, oltre a ricoprire il ruolo di direttore sportivo. E altrettanto struggente e piena di sorrisi fu sicuramente la partita del settembre 1944, giocata per gentile concessione della Commissione Alleata, fra una rappresentativa rossoblù locale e gli avieri inglesi della R.A.F. La Torres vincerà l'incontro 4-3, il referto riporta secco le reti segnate da Chiappe, Moi, Arca e Mastino. Altre Torres negli anni a venire avranno piccole glorie scritte sul basalto, le pietre dei fenici, quella del 1959 per esempio, con la promozione in C quando ancora era in vita il poeta Salvator Ruju che bene descrisse la città nelle sue opere, dal quartiere San Donato a San Sisto a tutte le strade nella zona bassa di via Turritana fino alle vecchie Conce. “Allora sì che Sassari sembrerebbe un mazzo di fiori, bello e profumato”. E quasi trent’anni dopo, sabato 20 settembre 1986, la Piazza d’Italia, il salotto cittadino, assunse tutte le caratteristiche di un’inconfondibile “osmosi generazionale”: i più giovani facevano la spola tra il monumento di Vittorio Emanuele e il Kenny, il nuovo fast food all’americana che alimentava la cultura paninara del periodo, imbelletatta nelle camerette dai poster di Madonna e dei Duran Duran. Tempi andati, signorsì, tempi del secondo Governo Bettino Craxi, delle prime crepe dell’Unione Sovietica di Gorbaciov, delle migliorie urbanistiche del sindaco Raimondo Rizzu, perché ecco, gli anni ’80 furono una ventata di modernizzazione complessiva una volta messe a tacere le tensioni e le frizioni politiche derivanti dal decennio degli anni di piombo. La Sassari degli anni ’80 – sulla falsa riga di quasi ogni altra provincia italiana – si lasciò coinvolgere e travolgere dai piaceri della vita e dall’edonismo di matrice berlusconiana. Lo spaccato della Sassari dell’epoca sarà fedelmente inquadrato da una pagina del quotidiano "La Repubblica" in un articolo del 1991 che la definì come “la più ricca delle città povere del sud o la più povera delle città ricche del centro nord “. Nel centro e fuori si registrò infatti il più alto reddito medio pro-capite dell’intera Sardegna, superiore anche a quello di Cagliari: il settentrione sardo si mostrerà come il crogiolo delle maggiori attività produttive regionali. In un contesto economico e sociale di tale portata, la Serie C2 in cui vivacchiava la Torres appariva ormai stretta a una piazza divenuta maggiormente di palato fine e che si autoalimentava di passioni e ardori variegati e variabili. Da qualche anno "l’Acquedotto" non calamitava troppo le attenzioni di gente, di sponsor e scarso interesse persino delle stesse istituzioni. Serviva un cambio di passo rapido, serviva una "DeLorean" che lanciasse nel futuro i rossoblù. Tra i Benelli a tre marce e le 127 sistemate nella classica spina di pesce nei parcheggi di Piazza Castello, non sfuggiva agli occhi dei passanti la figura di un uomo che camminava ininterrottamente tra la sede della Brigata Sassari e Palazzo Ducale. Portava con sé un’immancabile ventiquattrore in pelle che traboccava di fascicoli e carte bollate, voglia di rivalsa e accesa passione. Il suo nome è Bruno Rubattu, impareggiabile deus ex machina della Torres targata anni ’80. Icona del piacere sportivo di matrice sassarese, Bruno Rubattu si classificherà certamente vincitore in astratto del premio miglior presidente/tifoso che la città turritana ricordi nella sua storia. “Zi vidimmu alla tòrrese” era il suo personalissimo modo di congedarsi dai camerieri del Bar Grandi (punto di ritrovo della tifoseria) non prima di aver consumato un buon ristretto insieme all’immancabile brioche. Un tipo estroso, pronto a prendere fuoco improvvisamente ma dietro il quale si celava la bonomia e il genuino trasporto sentimentale di un uomo innamorato dei colori della sua città e della sua squadra. Presidente rossoblù a partire dal 1980, Rubattu investirà svariati milioni di lire nel club fino all’autunno del 1986, quando consegnerà al pubblico la Torres probabilmente più forte e più competitiva di sempre. La Torres del portiere Sergio Pinna, della dogmatica autorità difensiva di Angelo Del Favero, del pendolino Walter Tolu sulla fascia destra, del cinismo sotto porta di Roberto Ennas e dell’immenso talento di un giovanissimo Gianfranco Zola arrivato dalla Nuorese. Direttore d’orchestra? Lamberto Leonardi, per Sassari semplicemente Bebo. Entusiasmo, buoni risultati. Rubattu riportò a Sassari – dopo 15 anni – il figliol prodigo Mario Piga che lo ripagherà a dovere: goal promozione in C1, al “Moccagatta” di Alessandria, il 7 giugno 1987 con esodo allegato. Un vero capolavoro per Bruno Rubattu che esternò tutta la sua soddisfazione rilasciando un’intervista divenuta famosa: “Avevo promesso la C1 a Sassari e alla provincia di Sassari. Ci sono riuscito e sono l’uomo più felice del mondo”. La Torres di Rubattu è anche un corollario di mitologia applicata al calcio dinanzi alla quale non può non scappare un sorriso malinconico: l’esodo di Sassari ad Alessandria per la partita promozione (agenzie di viaggio e traghetti Tirrenia presi letteralmente d’assalto nella settimana che precede l’appuntamento decisivo), le imprese alcoliche di Pinuccio “La Cina” e il senegalese Nene «Gerard» Ndiaye Niang, meglio conosciuto a Sassari come “Gurgugnao” (qui in un’intervista del 1987) senegalese giunto in Sardegna per cercare fortuna e futuro negati nel suo paese. La “torresinità” nel sangue legata al simbolo folkloristico della Torres dell’epoca ossia il suo immancabile bonghetto e sassarese d’adozione, Gurgugnao (dal senegalese “gorgow gnaw“, traducibile in uomo brutto) catalizzò l’attenzione – e le simpatie –: “La Torres è una squadra di leoni e se permettete io di leoni me ne intendo”. Al tramonto degli anni ’80 tornerà anche il derby regionale con il Cagliari: indelebile quello del 23 ottobre 1988 giocato a Sassari. La città si trasformò in un deserto silenzioso. L’unica forma di vita era rappresentata proprio da Gurgugnao che si diresse all’Acquedotto percorrendo l’area adiacente la stazione ferroviaria di via XXV Aprile. Riconosciuto e apostrofato da un nutrito gruppo di tifosi del Cagliari, Gerard rispose con un’ironia da consumato sassarese: “Muddi, africani!”, letteralmente “Zitti, africani!“. Roba che oggi si cadrebbe nel politicamnete scorretto. La Torres di Rubattu sarà un pezzo di storia. Dopo arriverà dalla Grecia Karasavvidis, la C1, persino una serie B sognata con Claudio Gentile in panchina ma vicende extra calcio all'inizio del nuovo millennio condanneranno la Torres a un brusco risveglio. Fozza Torres, dicono loro, con due z, non è un errore grammaticale, per quelli basto io.
venerdì 7 marzo 2025
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