mercoledì 12 febbraio 2025

AL MAGONA GIOCA IL PIOMBINO



Non sembra vero, nemmeno a prendere delicatamente in mano le carte dei giornali di quel periodo ancora pieno di fatica e aspettative. Le pagine vanno maneggiate con cura, quei pezzi di giornale vanno letti con i guanti e magari con la lente, l’inchiostro di stampa è imperfetto, le foto sbiadite e seppiate. Eppure, abbiamo le prove, il Piombino disputò la Serie B nei primi anni Cinquanta e qualcuno si ricorda bene il bagliore trepido che riscaldava i cuori allo stadio Magona sul Viale Regina Margherita che apriva cancelli verdi a chi usciva in fretta dalle siviere, e i custodi aspettavano un quarto d’ora a chiudere perché bisognava aspettare arrivassero in tempo gli operai delle acciaierie; qui fra Via Salgari e Via Gori, qui sotto i vecchi altiforni e le cadenti “cokerie” di carbone. La tribunetta coperta, i sedili in legno, una curva ricavata sulla "Tolla Bassa" profumata di resina, le empiriche impalcature, tra gradoni stretti e bassi in faccia alla tramontana che oggi confonde l’eco di troppe grida andate, perse fra palazzi rossastri, siepi di pitosforo e cipressi. Il Piombino in Serie B è tempo scorso, che non ritorna, come un moto irrequieto di gioventù. Una società voluta e fondata nel 1921 con il nome di Unione Sportiva Piombinese fino al 1945, quando vide la luce l’Unione Sportiva Piombino un dopoguerra felice per la squadra toscana, sostenuta economicamente dallo stabilimento siderurgico denominato “La Magona d’Italia”. In pochi anni ottenne la C e, al termine del campionato 1950-‘51, la promozione in Serie B nel corso del quale raggiunse l’apice della popolarità. Il Piombino si tolse la soddisfazione di restare per tre stagioni fra i cadetti battendo squadre blasonate, e forse la vittoria più bella resta quella contro la Roma, proprio in casa: Baldino Giusti Presidente e Fioravante Baldi in panchina, sostituito l’anno seguente da un certo Ferruccio Valcareggi all'esordio. Soffiava un maestrale gentile in quel giorno d’autunno in cui Piombino si svegliò cullando il sogno della Serie A. Quella squadra che solleticava un input “sovietico” era infatti l’espressione di una fabbrica florida, la Magona, che di lì a poco sarebbe precipitata per poi riprendersi in uno dei tanti cicli di splendore e disperazione che hanno abbracciato le grandi fabbriche negli anni che verranno. L’aria era tersa, ricolma di salsedine e di un sole vacuo. A contarli pare fossero in 13mila, forse 14mila persone, stipate in uno stadio che poteva tenerli al massimo 10mila. In piedi, stretti come sardine, arrampicati sugli alberi e sui tetti. La città fu tappezzata di manifesti nerazzurri: “Campionato italiano di calcio, Divisione nazionale Serie B”, stadio Magona d’Italia, 18 novembre 1951 ore 14,30: Piombino- Roma”. Sì, la Roma, nel suo unico campionato giocato al secondo piano del nostro calcio. È la capolista, sette vittorie, un pari e una sola sconfitta prima di quel giorno: 15 punti contro i 12 del Piombino. Tutti guardano alle scelte dell’allenatore Fioravante Baldi, svizzero di nascita ma italianissimo, bandiera granata prima della guerra, uno che quelli del Grande Torino li ha visti crescere. È lui ad aver portato il Piombino in B e sa tenere la barra dritta insieme con Baldino Giusti, e il presidente onorario Arnaldo Lovetti – l’uomo del miracolo Magona – oltre al segretario Siro Iaconi. Con i giocatori, che vengono controllati passo passo. L’idolo della squadra è Bruno Mezzacapo, difensore piombinese del quartiere operaio del Cotone. L’altro piombinese della squadra è Doriano Carlotti, il portiere. Uno che sa stupire, poi il capitano Enrico Zucchinali. Avversari manco a dirlo da prima pagina. L’ allenatore giallorosso si chiama Gipo Viani, uno che poi guiderà anche la Nazionale. Due ore prima del via lo stadio è praticamente pieno, eppure viale Regina Margherita sembra ancora un gigantesco fiume di gente. Pensare che possano entrare in quel catino stracolmo sembra pura follia, ciò nonostante, alla fine ci saranno tutti quelli che volevano esserci e non si sa come abbiano fatto. Quando dal sottopassaggio la folla scorse la testa dell’arbitro Giorgio Bernardi, uno che la domenica di solito frequentava campi di A, fu un autentico delirio di incitamenti. Nove minuti. Il vento soffiava contro il Piombino, che attaccava verso la curva opposta alla Tolla, quella dove sedevano i tifosi romanisti, che di vento sapevano ben poco escluso il ponentino. Per i piombinesi il vento è il compagno d’ogni giornata normale. E il Piombino ci credette subito. Ci fu un calcio di punizione: lo batterà Cozzolini, respinse Knut Nordhal con un campanile da oratorio. Lui, Knut, era uno dei fratelli del più celebre Gunnar, quello del trio Gre-No-Li del Milan (Green, Nordhal e Niels Liedholm), e nazionale svedese. Quella palla si alzò scendendo fino a incrociare una mezza rovesciata di Ortolano e poi un colpo di testa accademico di Ippolito Montiani. Il portiere Risorti restò quasi fermo, trafitto da quel colpo di biliardo. L’urlo della folla arrivò fino agli angoli più remoti di una città silenziosa. Chi non si trovava allo stadio stazionava nei dintorni oppure attendeva a casa in una sorta di "tam tam" di emozioni fatto di voci e passaparola. Uno a zero. La reazione romanista arriverà, tuttavia il Piombino troverà presto il raddoppio. Rimessa laterale dalla tre quarti, sotto la gradinata, il mulinare di braccia del numero 11 Montiani libererà la palla in area Pietro Biagioli. Il numero 1 giallorosso si oppose al centrocampista in maglia nerazzurra, ma il tiro gli piegò le mani alzando una sorta di palombella beffarda che caracollò all’interno della porta. Due a zero. Nella ripresa la Roma premette ma il Piombino non cederà di un metro. Falli, e parate di Carlotti. La terza rete giunse al termine di un contropiede, Montiani sulla trequarti, il capitano romanista Tre Re lo rincorse fin nella propria area e lo stese. Il fischio del rigore venne accolto da un boato fuso in un coro “Piombino, Piombino” che accompagnerà l’esecuzione. Sul dischetto il solito Biagioli: palla a sinistra, portiere a destra. Piombino 3 Roma 0. E poco importa che manchino ancora 14 minuti, la rete della bandiera la segna Venturi a cinque scarsi dal termine. Sarà festa fino a tardi, almeno per quelli che al mattino alle 6 non dovevano timbrare il cartellino per entrare in fabbrica al primo turno. Il fumo delle ciminiere alimenterà i sogni, non solo calcistici di una città che appena sei anni prima era in piena rovina anche se l’utopia della serie A resterà tale. Quello che rimane è una bella storia di calcio di provincia, ma tanto di provincia, la piccola favola del “Grande Piombino”.

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