Per squadre simpatia intendo
quelle squadre per le quali perdi volentieri cinque secondi del tuo fine
settimana andando a controllare cos’hanno combinato nei rispettivi campionati.
Facciamo che il Celta Vigo è una di queste ed è complicato spiegare perché.
Magari per il ricordo di un viaggio nell’indecifrabile Galizia? Oppure per la
maglia celeste con la raffinata Croce di San Giacomo? Forse. Aggiungiamo il
luogo ruvido, popolare, dal fascino emanato dalla sua relazione con il mare;
l'atmosfera che si respira nelle strade, in particolare lungo Rúa de la
Pescadería, dove anche se non hai tracannato un paio di "Estrella
Galicia" ti può sembrare di vedere ancora contrabbandieri e vecchi marinai
fumare la pipa e cantare canzonette uscendo da una taverna mentre si dirigono
ai moli per salire a bordo dei loro velieri. Ma se dobbiamo scrivere qualche
rigo sul Celta Vigo occorre rivolgersi innanzitutto a chi di righe ne ha
scritte un infinità proprio perché di mestiere faceva il giornalista presso il
quotidiano “faro de Vigo” e sarà grazie ai suoi articoli che il 23 di agosto
del 1923 presso il teatro cittadino Odeon si ebbe il primo sussulto della
società attuale. Lui era Manuel de Castro González detto “Handicap”, uomo
tranquillo, ci dicono le cronache, da sigaro e poltrona di cuoio, ma
assolutamente acceso di furore sportivo quando si trattò di unire in matrimonio
le due realtà pedatorie di Vigo per farne un unico club che potesse competere
con le altre realtà calcistiche già ben avviate nel paese. Lo slogan del suo movimento era "Todo por y para Vigo" (Tutto da e
per Vigo), che trovò successivamente la simpatia dei dirigenti sia del Real Vigo Sportin (nato nel 1911) che del Real Club Fortuna de Vigo (fondato nel 1905). Raggiunse presto consenso unanime, tanto che De Castro stesso presentò la mozione Federazione calcistica della Spagna a Madrid, il 22 giugno 1923. Nei consigli amministrativi delle due
società tenutesi al Teatro Odeon e nell'Hotel Moderno, la
fusione venne approvata e dopo qualche indecisione iniziale giunse l’associazione di
Vigo con "Celta", un omaggio all’antico popolo celtico che abitava
la regione e a tutta una tradizione identitaria molto forte che passa dalle
poesie in lingua patria di Manuel Antonio e Antón Vilar Ponte. Erano gli anni di Rogelio Tapia focoso attaccante dal gran colpo di testa Rogelio Tapia resta è il calciatore con la migliore media marcature nella storia del Celta, segnando un gol ogni 85 minuti. Al “campo
libero” di Balaidos, (oggi un gioiellino completamente rivisitato in stile
Guggenheim) è scesa tanta pioggia ma non titoli, solo tre finali di Coppa del
Re qualcuna persa con estremo rammarico tipo quella del 1994 all'ultimo calcio
di rigore contro il Saragozza. D’altra parte in Spagna scalzare il potere di Real
Madrid e Barcellona è impresa ardua per tutti, persino quando tra le fila dei
“los Celestes” militavano Argimiro Pérez García, meglio conosciuto come Pichi
Lucas, Manolo Alfonso, il portiere José Ramón Ibarreche o Fernández Pahiño, il
capitano nato sotto i tetti d'ambra di Vigo. Quelli del ritorno in Primera, al termine della
stagione 1970-71, una delle migliori formazioni della storia del club (che rimase
imbattuta in casa per tutto l'arco del torneo), e che si qualificherà ad una competizione
europea, la Coppa UEFA dell'anno seguente, estromessa al primo turno
dall'Aberdeen non riuscendo a recuperare un 2-0 incassato a Balaidos.
Poi la storia si fa più recente e
passa da Gustavo López, Aleksandr Mostovoj (detto la montagna russa) Valerij
Karpin, Vladimir Gudelj e Borja Oubiña. Una storia che nel 2000 ha fatto
malissimo alla Juventus affondata nella baia con un perentorio 4-0, un
risultato ottenuto attraverso il bel gioco al punto che la squadra a stretto
giro di boa riesce ad arrivare addirittura in Champions League per la prima
volta nella propria storia nel 2003. Una storia che sempre qui, e sempre in
Europa, ha dovuto cedere la notte al silenzio delle viuzze della “Ciudad Vella”
quando un paio di stagioni fa il Manchester United spense i sogni di finale
della squadra allenata da Edoardo Berizzo, il delfino di Marcelo Bielsa, una
squadra infarcita da personalità e tecnica. In fondo per le squadre simpatia
devi prendertela poco e va bene pure così e Vigo probabilmente rimarrà una
città famosa più per avere la fabbrica della Citroën (che per decenni è stato lo
sponsor del club) che per i trofei dei “Celestes” o se volete dei “Los
Olivicos” perché Vigo in passato era conosciuta come “Città dell'Olivo” in
riferimento a un olivo piantato dai cavalieri templari nell'atrio della
Collegiata di Santa Maria come simbolo di pace.