giovedì 13 febbraio 2025

IL GALLO NERO DEL PALLONE


Maglia di lanina a righe verticali gialloverdi, pantaloncini bianchi, lo stemma rotondo con il gallo nero cucito sul cuore e il Castellina in Chianti nel 1977 era in Serie D dopo appena dieci anni dalla sua fondazione. Un’autentica impresa per questo piccolo paese impuntato su rilevi contesi e confusi, tracciati da file serrate di viti dove galestro e alberese spremono la terra regalando un vino dai pochi eguali. Fino al 1967 non esisteva nemmeno un campo da calcio, solo in quell’anno lungo la strada Chiantigiana, che scende rugosa fino a Fonterutoli e più avanti, meno aspra, verso le porte di Siena, si inaugurerà un terreno di gioco oggi intitolato a Franco e Giovanni Niccolai, omaggio della comunità al suo legame con il tessuto economico castellinese. E con il campo, conseguentemente, nascerà l’associazione sportiva “Castellina in Chianti”, imbottigliata ovviamente in un mese di vendemmia, ossia alla fine di settembre al civico numero 12 di via Trento e Trieste che all’epoca era la sede della Società Filarmonica, storica banda musicale paesana oltre che dell’Istituto di riposo “Virginia Borgheri” e del “Circolo Italia”, il punto di aggregazione sociale e culturale per intere generazioni. A Castellina vige la sinossi del tipico campo sportivo di provincia, quelli dove l’erba nasceva solo d’estate e la segatura copriva le buche piene d'acqua nelle aree di rigore, il solito campo con le righe segnate più volte col gesso, i picchetti, la bindella, il filo per tracciare il centrocampo (che di Giotto ce né uno) e le mezzelune delle aree di rigore, attraverso misure quasi sempre empiriche, approssimative, insomma mano ferma e tanta pazienza, campi in cui mangiavi fango ad ogni caduta e per rianimarti ti portavano una spugna e un secchio azzurro pieno di acqua gelida. A muovere il calcio a Castellina in Chianti fu il locale Marcello Partini, un appassionato, daziere di professione, che riuscirà a convincere Franco Niccolai a farne parte nel ruolo di Presidente perché nominare Niccolai a Castellina è un po' come nominare Ferrero ad Alba, Galbusera a Sondrio o Ziliani a Franciacorta tanto per restare in ambito di modesti centri di realtà produttive italiane. In quel Castellina in Chianti ci sono in qualità di vicepresidente il sindaco Gino Tatini, Franco Bianciardi amministratore di cassa e Mario “Mariolino” Bartalini direttore sportivo che porterà Bruno Pastorino sulla panchina di quella squadra. Dopo qualche anno i gialloverdi sono già in Prima Categoria e vinceranno il campionato nello spareggio giocato al Castellani di Empoli battendo il Forcoli per 1 a 0 con una rete realizzata da Gabriele Corradi, il babbo di Bernardo ex Lazio, Parma, Manchester City e altre. Il Castellina in Chianti si guadagnerà l'accesso fra i "semiprof" (più semi che prof sia chiaro..) attraverso il campionato di Promozione del 1976/77, e tre mesi dopo eccolo senza timore a calcare la Serie D, confrontandosi con piazze della portata di Carrarese, Montevarchi, Viareggio, Orvietana e Montecatini. Il Castellina arriverà quart’ultimo, ad un solo punto dal Pontedera, ma purtroppo retrocederà beffardamente in quanto proprio in quella stagione lo schema del torneo venne ristrutturato prevedendo quattro club al piano di sotto invece che i soliti tre. Di quegli anni ruggenti, si può ricordare il portiere Gino Casini da San Casciano Val di Pesa, portiere rigorista e protagonista con l’allora molto importante Nazionale Italiana Dilettanti con la quale disputerà un amichevole a Bombay contro la nazionale ufficiale indiana. Giusto in quel periodo la squadra Juniores diventò pure campione italiana nelle finali disputate a Chianciano, trascinata dal centravanti Mario Cappelletti. Oggi arrivando da Siena a Castellina in Chianti ti viene da voltarti verso sinistra e noti, seminascosto dagli arbusti, il campo sportivo, e per un attimo pensi di intravederci ancora mille e più persone accalcate fra le recinzioni e la tribuna, mentre alle radio passano “Amarsi un po'” di Lucio Battisti e nelle case si sparecchiava e si rimettevano in ordine i centrini, lasciando sul tavolo solamente la bottiglia del vinsanto buono, quello color occhio di pernice: “non si sa mai se stasera ci viene a trovare qualcuno”. Forse no, perché allora erano tutti a vedere il grande Castellina.


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