mercoledì 7 aprile 2021

THE HONEST MEN


Povero Robert, pensi ancora alla tua Scozia? Cosa racchiude adesso la tua mente in quello sguardo attento e solenne scolpito sui tratti bronzei del tuo volto. E cosa penseranno di te, tutte quelle persone trafelate, frenetiche, che entrano ed escono dalla stazione dei treni. Incroceranno, almeno per un istante, per un momento, la tua faccia, la tua figura di antica eleganza rurale, stagliata su quel piedistallo, oppure la frenesia dei tempi lì porterà ad evitarti, a non capire, e non sapere, che tu eri, e lo sei ancora, il più grande poeta di questa terra. La gente corre caro Robert, ma dove poi, non lo sanno neanche loro. Tu lo avevi capito. Lo avevi capito quando dalla piccola Alloway hai attraversato l’Auld Bridge e sei arrivato ad Ayr. Avevi intuito che la poesia si può adagiare come un velo di grazia sui mali degli uomini.  Chissà se ti saresti entusiasmato a vedere le partite nel pittoresco Somerset Park, così come ti entusiasmasti per la Rivoluzione Francese al punto di inviare all'Assemblea Legislativa di Parigi, quattro colubrine di una nave contrabbandiera naufragata nelle acque di Dumfries. Sicuramente un uomo di questo club lo avresti apprezzato perché anche lui, come te, perse la casa da piccolo. Si chiamava Alistair Reid MacLeod, le sue scorribande sulla fascia laterale gli valsero il soprannome di “Noddy”. Ad Ayr da giocatore chiuse la carriera giocando una ventina di partite, ma saranno le sue doti da manager che marchieranno il suo rapporto con gli Honest Men. Dal 1966, da quando per la prima volta si sedette sulla panchina di Somerset Park e in breve riportò la squadra nella massima serie guadagnandosi una semifinale di Coppa di Lega. Con lui non si era mai visto tanto pubblico. Nel 1973 ci saranno 25.225 persone ad applaudire un successo sui Rangers per 2-1. In quella stagione dove per meriti sportivi diventerà “Citizen of the Year" di Ayr, e in maglia bianca venne a giocare per un campionato un certo Alex Ferguson lasciando nove reti in ricordo. MacLeod se ne andrà nel 1975 dopo quasi dieci anni di United, per approdare dapprima nella granitica Aberdeen e poi nel maggio 1977, la Scottish Football Association lo nominò responsabile della nazionale di calcio scozzese. Nel 1978 il suo Ayr retrocederà dalla Prima Divisione per non tornarci mai più. E dire che di stagioni nella massima serie il club ne aveva fatte ben trentaquattro. Da quel 1910, quando finalmente si stemperò la feroce rivalità fra le due preesistenti formazioni cittadine dell’Ayr FC e dell’Ayr Parkhouse. L’incontro decisivo si svolse nell’aprile dell’anno precedente al Cowan Temperance Hotel, e al termine di un’accesa riunione arrivò l’attesa fumata bianca.  Da Somerset Park di calciatori ne sono passati. Bravi, accettabili, scarsi, semplici gregari. Belli e brutti. Ma quello dell’estetica nella città fondata nel 1197 da William detto il Leone, non è mai stato una priorità. Gonnellino pieghettato, il tartan sulle spalle, whisky nelle vene e tutti a vedere quel ragazzo venuto dal villaggio di Old Kilpatrick che si chiamava Jimmy Smith, le cui gesta sembravano facessero pulsare le candele nella penombra della Wallace Tower, in High Street. E’ il 1928, e in sole trentotto partite di campionato segnò la bellezza di sessantasei reti. Così bravo che quelli del Liverpool se lo portarono subito via. Un record che resta comunque imbattuto fino ad oggi. A fargli buona compagnia sarà Peter Price che realizzò 213 centri in partite ufficiali spalmati tra il 1955 e il 1962. Oh, un consiglio. Ad Ayr dicono che nessuno guarda troppo volentieri a Nord. Meglio guardarsi il Firth of Clyde o più a sud le amene rovine del castello di Danure, perché a nord a una quindicina di miglia c’è Kilmarnock, e loro non è che siano molto ben accetti soprattutto quando si parla di calcio. Saranno pure in Premier ti diranno al vecchio pub The Brig: “Ma nella semifinale della Coppa di Lega del 2012 lì abbiamo sconfitti uno a zero grazie a una rete nei tempi supplementari di Edward 'Eddie' Annand”. Poi i Rangers vinceranno la finale per 4-0 ma quello in fondo (alla pinta) è un altro discorso. “Negli anni venti -trenta, ben sei “Honest Man” vestirono la maglia della nazionale maggiore a partire da Jimmy Richardson fino a Bob Hepburn e aggiungiamoci Johnny Doyle e il suo cap del 1975". Se Robert Burns è stato profeta in patria, poteva esserlo anche Neil McBain, ma la tentazione del Manchester United fu troppo forte e dopo sette anni il nativo di Campbeltown scese il confine facendo fortuna nel calcio inglese. Una carriera straordinaria, che lo vedrà accasarsi anche alle due della Mersey, ma siccome a Ayr si torna tutti, lui lo fece in due diversi occasioni nelle vesti di allenatore. Un altro giocatore di questo periodo, che può essere classificato da “Hall of Fame” è Sam McMillan. Fece il suo debutto nel 1953 a soli quindici anni in una sconfitta per 2-0 contro il Queen’s Park a Hampden, guadagnandosi l'onore di essere il giocatore più giovane ad aver mai giocato per questo club, dove segnò oltre 100 reti e ebbe l’ardire ironico di sedersi divertito sul pallone dopo che il suo Ayr nel 1960 aveva avuto l’irriverenza di vincere nel tempio di Ibrox contro i Rangers per 3-0. Passano tre settimane, e per “par condicio” da Old Firm infilò due volte il Celtic a Parkhead, ma in quell'occasione i bianchi dell’Ayrshire uscirono battuti per 3-2. Dopo la retrocessione nella stagione successiva, il club però cadde in un grave declino che più di una volta mise in discussione l’esistenza stessa della società. Il punto più basso fu toccato nel 1965. In novembre, un quotidiano nazionale riferì che la dirigenza stava prendendo in seria considerazione il ritiro della squadra dalla Lega. Solo grazie al disastroso torneo del Brechin City, l’Ayr evitò di diventare ufficialmente la squadra peggiore di Scozia per quella stagione. Risollevatesi dalle problematiche societarie, nella loro prima partita casalinga della stagione 1969/70, lo United, sbalordì il calcio scozzese con una sorprendente vittoria per 3-0 sull’ Hibernian. Due settimane dopo il 13 settembre 1969 davanti a 25000 spettatori i gol di Jacky Ferguson e Cutty Young domarono i gers in un indimenticabile 2-1. Un anno assolutamente da album dei ricordi. In ottobre l’Ayr guidato in panchina dal già citato MacLeod inchiodò sul 3-3 il Celtic di Jock Stein nella semifinale della Coppa di Lega. Cinque giorni dopo, i cattolici di Glasgow s’imposero 2-1 nel replay dopo essersi presi un altro spavento e essere andati sotto di una rete. Nel 1973 L'Ayr raggiunse la semifinale di Scottish Cup per la prima volta, perdendo fra vibranti polemiche a Ibrox di fronte a una folla (riporta il tabellino) di 51.158 persone, record di presenze per una partita degli "Honest Men". La Lega decise di creare la Premier League nel 1975. MacLeod era già ad Aberdeen e al suo posto c’era Alex Stuart, ma l’Ayr in ogni caso faceva parte del gruppo dei grandi. Decise, suo malgrado di amoreggiare con la retrocessione e con il destino fino all’ultima giornata. Avendo assoluto bisogno di vincere, contro il Motherwell in casa successe di tutto. Vantaggio degli ospiti all’intervallo. Poi, nel secondo tempo, Malky Robertson sbagliò un rigore e già questo appariva un preciso segnale. Eppure con appena un quarto d'ora da giocare, e pochissime speranze, Davie McCulloch pareggiò i conti. Bene, ma non bastava. Cinque minuti, e Gerry Phillips mise in mezzo un traversone che ingannò il portiere del Well e non si capì se quest’ultimo avesse respinto la palla dentro, o fuori la linea di porta. Sotto la pressione dei giocatori dello United, l’arbitro accettò di ascoltare il parere del suo guardalinee. La consultazione sembrò durare un'eternità. Il silenzio della folla era assordante, e si poteva tagliare la tensione con un coltello. Finché alla fine, il direttore di gara indicò il centrocampo e in un boato liberatorio l’Ayr United riuscì a salvarsi. Cosa che invece non accadde nel 1978 quando ci sarà l’addio definitivo al campionato maggiore. Dopo quella data, si è parlato di Ayr United più che altro per i giovani, soprattutto quando verso la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta, l’Academy tirò fuori giocatori di qualità come il roccioso Steve Nicol finito al Liverpool nell’ottobre del 1981 per 300000 sterline, la cifra più alta mai ricevuta per un trasferimento, oppure Robert Connor, baffuto centrocampista offensivo venduto al Dundee per 50000 sterline e poi trasferitosi all’Aberdeen dove fece benissimo. E poi Alan McInally un attaccante di razza che dimostrò tutto il suo valore non solo ad Ayr, ma nel Celtic, nell’Aston Villa, e anche nei tedeschi del Bayern Monaco. Menzione a parte merita Ian McAllister il leggendario capitano con più di 400 apparizioni. Lui resta il difensore di una vita, che dedicò tutta la sua carriera a questo club fino al giorno tristissimo del suo ritiro nel 1990. Che coincise con l'ultimo addio di MacLeod, il quale lasciò in dote il talento della sua scoperta Henry Templeton. Ci sarebbe casomai da inserire anche il biondo e tatuato “Stevo” Ryan Stevenson, ragazzo del posto, senza dubbio uno dei più popolari calciatori dell’Ayr United degli ultimi tempi, autore dello splendido gol nella vittoria sull'Airdrie, ai play off del 2009. E allora caro Robert, mentre la luce ormai cala sulle vecchie strutture del Somerset Park, sulla ruggine di certe inferriate, sugli infissi sverniciati e logorati dalle piogge, su quei riflettori che ti fanno tornare indietro nel tempo, l’Ayr United continua la sua storia. Una storia di “Uomini Onesti”.

 

 

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