giovedì 1 ottobre 2020

LE FOLIE CALAIS


 


A Calais c’è il mare in burrasca. Non si vedono biancheggiare le scogliere di Dover. Volti familiari sferzati dal vento si fondono con quelli di sconosciuti in attesa che quel maledetto specchio di mare distante appena trenta chilometri dall’Inghilterra si calmi e possa ripartire il primo traghetto. Dovunque un livido d’umidità mista a salsedine, odoraccio d’oceano e gabbiani che si attardano come enormi equilibristi su pescherecci sballottati dalle onde. Calais è un porto di mare nel vero senso del termine. Fate conto di lasciare la porta di casa aperta con gente che ti entra dentro per prendere un bicchiere d'acqua e magari va pure in bagno uscendo senza salutare. I cittadini di Calais appaiono quasi entità invisibili per chi passa frettolosamente di qua.

 

Ma una sera di primavera il mare si distese placido sul bagnasciuga. Ladislaz Lozano, cinquantenne impiegato comunale d’origini spagnole sfuggito al regime di Franco, fa l'allenatore di calcio per diletto. E’ uscito un momento dal locale per fare due passi da solo. La spiaggia è enorme. Deve respirare e rimettere in ordine i pensieri. Da poco si è ripreso da un malore e in ospedale ha ricevuto nientemeno che un telegramma dal Presidente Jacques Chirac che gli augurava ogni bene e gli dava appuntamento a Parigi. Il motivo? L’aveva combinata grossa. Lo dice la foto di quella pagina dell’Équipe affissa a uno dei pali di legno che sorreggono la “Friterie”. Il suo Calais aveva conquistato la finale della Coppa di Francia battendo a Lens il Bordeaux.

 

I giocatori sono a pochi passi da lui a mangiare pesce e mele fritte come hanno fatto tutta la vita perché anche adesso che l’intero paese li aveva visti in televisione restano fedeli alla loro semplice ritualità di dilettanti. La classe operaia va in Paradiso ma secondo il suo stile. Si è vero, c’erano stati autografi, interviste, tante foto, ma in fondo eccoli lì, schietti e un pochino ingenui, seduti a scherzare, una combriccola fra ragazzotti e uomini fatti. Un paio di agenti di commercio, un magazziniere, qualche impiegato, un giardiniere, due insegnanti, un imbianchino, un pasticciere, uno studente universitario, un responsabile di campeggio, un parrucchiere, un educatore e l’animatore di un centro sociale. “Mon Dieu”. Come hanno fatto? Chi ha permesso che nell’era del calcio che fa rima con business, all’alba del XXI secolo, questa manica di onesti cittadini francesi prendesse in giro il sistema, i soldi, gli interessi milionari dei club della massima divisione? Lozano rientra, chiudendosi alla spalle il panorama crepuscolare della Manica e subito partì l’ennesimo brindisi, l’ennesimo applauso. A capotavola, l’unico con due franchi in più in tasca: Jean Marc Puissesseau proprietario e presidente della squadra fondata nel 1902. Questo pazzo, pazzo, Calais Racing Union FC. Che sia stata tutta colpa del temuto "Millennium Bug?" In fondo è il maggio del 2000. Bah. Riprendiamo. Favola, copione cinematografico a basso costo, quello che volete. In pratica gente comune che ha vissuto un’esperienza indimenticabile e dopo la finale è tornata alle loro normali abitudini, allo stesso impiego. Tuttavia non è semplice calarsi nella testa di quel gruppo che nel giro di qualche mese ha scritto una pagina di storia. Si potrebbe incominciare dall’epilogo. Da quel tabellone del nuovissimo e stracolmo Saint Denis di Parigi che alla fine del primo tempo della finalissima recitava Calais 1 Nantes 0: Jérôme Dutitre al minuto 34. Jérôme lavorava in Comune a Calais e per fortuna 80000 persone non se l’era mai ritrovate tutte in fila allo sportello. Quando infilò il pallone alle spalle di Landreau con un sinistro rasoterra la sua esplosione di gioia è una vertigine senza fondo. “Alla lunga cederanno”, era l'anatema. Lo pensavano tutti. Invece il Calais continuò a eliminare avversari, turno dopo turno. Negli ottavi occorse andare a Lens. Troppo piccolo il Julien Denis e troppo modesto anche l’impianto della vicina Boulogne per ospitare il Cannes, squadra cadetta piegata ai calci di rigore. La gioia per aver raggiunto i quarti di finale fu doppia, quando il Calais dovette affrontare una squadra di Ligue 1. Pescarono lo Strasburgo RC, offrendo una gara splendida, conclusa 2-1, dove si placò la sete di vendetta dello stesso Dutitre, smarritosi per responsabilità non accertate proprio nelle giovanili del Racing Club.

 

Fine dei rimorsi: semifinale. E contro il Bordeaux un altro miracolo. Il Calais dovette far ricorso a tutte le sue armi fisiche e mentali, gettando letteralmente il cuore oltre l'ostacolo dopo che i 90' regolari si erano chiusi sull'1-1. Nell’appendice dei supplementari, sfiniti e con i crampi, i giocatori del Calais riuscirono a segnare due reti a cavallo del 120esimo. Finì 3-1 con sugli scudi Mathieu Millien, un piccoletto leggermente stempiato di professione maestro alla scuola elementare. Roba da matti. Riecco Parigi e i giallorossi della costa in vantaggio a metà gara. Il portiere Cédric Schille, cresciuto nel prestigioso Metz, giunto a Calais con i desideri di gloria calcistica messi anticipatamente in un cassetto, vide dietro l’angolo la sua insensata rivincita personale. Il capitano Réginald Becque, occupato in un azienda di scaffalature già saprebbe dove poggiare il trofeo. Mickaël Gérard, magazziniere vivaista, si vede già festante, issato dai colleghi in alto sul suo carrello elevatore. Il Calais, per nulla stordito dalla paura scenica, stava giocando la partita perfetta per una squadra del suo genere. Non solo aveva contenuto gli avversari, stava clamorosamente in vantaggio. Ma quel "clamoroso" era termine fin troppo abusato. Il sogno, chiamiamolo così, al pari di un celebre romanzo di Emile Zola, non fu a lieto fine.

 

A quattro minuti dall’inizio della ripresa arrivò il pari del Nantescon Sibierski, una giovane promessa mai mantenuta del calcio transalpino. Poi, quando apparve l’agonia dei supplementari, Alain Caveglia si involò verso la porta del Calais e il giovane Fabrice Baron gli si oppose troppo energicamente inducendo l’arbitro, Claude Colombo, a indicare il dischetto. Un calcio di rigore stregato in pieno recupero. Il portiere Schille, non si darà mai pace per quell’episodio che a distanza di anni tornerà a visitarlo negli incubi. Ancora Sibierski si occupò della trasformazione. Il pallone venne sfiorato dall’estremo difensore che batté con rabbia i pugni nell’erba umida del grande stadio parigino. La coppa se la presero i professionisti. Eppure, il Calais sarà vincitore morale della sfida. L’intero stadio tributò loro un lungo applauso, ed il capitano e del Nantes, Mickaël Landreau, decise di alzare la Coppa insieme a Becque, il capitano dei dilettanti che avevano fatto innamorare la Francia e il mondo intero. Merci Calais.

 

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