Non propone elmi di Scipio coi quali cingersi la testa ma è
comunque un inno nazionale, al pari di "O’ sole mio", nonostante accenti
differenti. E in quanto ad incassi Siae, è stato un autentico fenomeno di massa paragonabile a “Quando-quando-quando” e “Volare” diventando il pezzo più eseguito nelle
balere italiane. "Romagna Mia" è una canzone percorsa da un filo di malinconia che la rende quasi magica coinvolgendo in primis i romagnoli emigrati
in cerca di fortuna, ma in generale anche tutti gli altri, uniti dalla consueta valigia di cartone portata all’estero
con rabbia e dignità insieme alla foto dei genitori e aventi tuttavia la necessità di identificarsi ancora con la patria d’origine attraverso un pugno di note. Questo valzerino leggero e dal testo con
venature nostalgiche diventò così una canzone di lacrime e gioia al tempo stesso, quando Raoul
Casadei decise di riprendere in mano il vecchio spartito originale del 1954 e reinciderlo imbellettandolo di qualche piccolo arrangiamento nella primavera del '74, facendolo diventare il più richiesto e ballato nelle sale, un sorta di estratto umorale, un richiamo alla terra natia che ciascuno può
sentire suo. Persino una star della discomusic come Gloria Gaynor o una band leader
del rock duro come i Deep Purple hanno fornito una loro personale versione di questo
evergreeen nato per celebrare una casetta in riva al mare, e allora dai, vai col
liscio. Non andavano troppo col liscio i giocatori del Cesena 1975/76. Alla metà degli anni settanta, sotto i portici
di Piazza Almerici, al Bar
Roma, al Bar Carducci, sul
muretto di fianco al Duomo, al mitico Cilindro, al mercato coperto, sui gradini
davanti a Zama davanti al liceo Monti, si vedevano tante sciarpe bianconere, (del
Cesena sia chiaro, nonostante la solita carboneria juventina qui si riunisca eccome) perché
la squadra di Capitan Giampiero Ceccarelli, e dell’indimenticato presidente
Dino Mannuzzi, alla terza stagione in serie A compì l’impresa di qualificarsi per
la Coppa UEFA. Manuzzi era un imprenditore nel settore ortofrutticolo, a capo
di una cordata di investitori che nel 1964 rileverà la società del cavalluccio
marino, dal Conte Alberto Rognoni all’epoca stagnante come la ghiaia sugli
argini del Savio in Serie C. Qualche stagione di consolidamento e poi l’esordio
nel massimo campionato. La provinciale allenata da Giuseppe Marchioro allora locata
allo stadio “La Fiorita”, nel 1975 si ritrovò a lottare nel tentativo di
esportare la piadina romagnola in Europa. Un pari con il Torino e la
contemporanea sconfitta del Bologna contro l’Inter consentirono ai bianconeri, giusto grazie alla differenza reti nei confronti dei vicini, di conquistare il sesto
posto e di fatto la zona UEFA visto che nel frattempo il Napoli, vincendo la Coppa Italia,
aveva liberato lo slot in grassetto della classifica. Cesena diventa in tal modo la prima città non capoluogo di provincia a qualificarsi per
un torneo continentale. Il sorteggio disse Magdeburgo, Germania Est, squadra in
cui militava il centravanti Jürgen Sparwasser. Il Cesena passato dalla guida di
Pippo Marchioro a quella di Giulio Corsini, si preparò quindi ad una trasferta
al di là della Cortina di Ferro. Occorsero passaporti pieni di visti rilasciati
dall’ambasciata, dopodichè tutti a bordo di un aeroplano di fabbricazione sovietica
modello Tupolev destinazione Berlino. In valigia, sangiovese, tortellini e
salami. Nonostante una serie di garanzie l’incognita lasciò posto alla
certezze alimentari. Da Berlino a Magdeburgo sono circa 150 chilometri di bus,
e all’arrivo, il 15 settembre 1976, il presidente Manuzzi si troverà davanti
una Mini targata Forlì, un tifoso si era sobbarcato da solo 1200 chilometri
di strada per assistente all’esordio europeo del Cesena. Il Magdeburgo, tre
volte campione della Oberliga e vincitore della Coppa delle Coppe appena due
anni prima, era gruppo scafato, esperto, oltremodo ringhioso e fin da subito il Cesena cadde nella trappola lasciandosi innervosire. Dopo il primo tempo
i romagnoli sono già sotto di 2 gol e con un uomo in meno, nella ripresa la
musica non cambiò, anzi: 3-0 al triplice fischio di chiusura. Nessuno si immaginava di
ribaltare la situazione, tuttavia al ritorno, sospinto da un pubblico
entusiasta, la squadra tentò l’impresa impossibile. Il capelluto Giorgio Mariani,
un ragazzone anticonformista estroverso e irrequieto, andò a segno con
un bel rasoterra nella prima parte di match, poi in apertura di ripresa la botta
di sinistro di Fiorino Pepe aprì orizzonti insperati e produsse un frastuono
incredibile nella piccola "bombonera" cesenate gonfia di 15000 spettatori. Sul
2-0 i tedeschi sembravano cotti, il Cesena illuminato dalle geometrie di Giorgio Rognoni,
continuava a spingere lasciando però spazio ai contropiedi, uno dei quali sarà
fatale. Un’incursione di Sparwasser terminata con un finissimo diagonale, non lascerà
scampo al portierone d’acciaio Lamberto Boranga, soprannominato “Bongo”, e pose
fine all’euforia cesenate. “Fu l’errore
più grande della mia carriera” -dirà in seguito Boranga. La capocciata del
3-1 siglata dall’ala di Ponsacco Emiliano Macchi aumenterà solo i
rimpianti; in ogni caso il Cesena fece dimenticare la pessima partita d’andata, mostrandosi ampiamente degno del palcoscenico.
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