martedì 26 gennaio 2021

IL LISCIO EUROPEO



Non propone elmi di Scipio coi quali cingersi la testa ma è comunque un inno nazionale, al pari di "O’ sole mio", nonostante accenti differenti. E in quanto ad incassi Siae, è stato un autentico fenomeno di massa paragonabile a “Quando-quando-quando” e “Volare” diventando il pezzo più eseguito nelle balere italiane. "Romagna Mia" è una canzone percorsa da un filo di malinconia che la rende quasi magica coinvolgendo in primis i romagnoli emigrati in cerca di fortuna, ma in generale anche tutti gli altri, uniti dalla consueta valigia di cartone portata all’estero con rabbia e dignità insieme alla foto dei genitori e aventi tuttavia la necessità di identificarsi ancora con la patria d’origine attraverso un pugno di note. Questo valzerino leggero e dal testo con venature nostalgiche diventò così una canzone di lacrime e gioia al tempo stesso, quando Raoul Casadei decise di riprendere in mano il vecchio spartito originale del 1954 e reinciderlo imbellettandolo di qualche piccolo arrangiamento nella primavera del '74, facendolo diventare il più richiesto e ballato nelle sale, un sorta di estratto umorale, un richiamo alla terra natia che ciascuno può sentire suo. Persino una star della discomusic come Gloria Gaynor o una band leader del rock duro come i Deep Purple hanno fornito una loro personale versione di questo evergreeen nato per celebrare una casetta in riva al mare, e allora dai, vai col liscio. Non andavano troppo col liscio i giocatori del Cesena 1975/76.  Alla metà degli anni settanta, sotto i portici di Piazza Almerici, al Bar Roma, al Bar Carducci, sul muretto di fianco al Duomo, al mitico Cilindro, al mercato coperto, sui gradini davanti a Zama davanti al liceo Monti, si vedevano tante sciarpe bianconere, (del Cesena sia chiaro, nonostante la solita carboneria juventina qui si riunisca eccome) perché la squadra di Capitan Giampiero Ceccarelli, e dell’indimenticato presidente Dino Mannuzzi, alla terza stagione in serie A compì l’impresa di qualificarsi per la Coppa UEFA. Manuzzi era un imprenditore nel settore ortofrutticolo, a capo di una cordata di investitori che nel 1964 rileverà la società del cavalluccio marino, dal Conte Alberto Rognoni all’epoca stagnante come la ghiaia sugli argini del Savio in Serie C. Qualche stagione di consolidamento e poi l’esordio nel massimo campionato. La provinciale allenata da Giuseppe Marchioro allora locata allo stadio “La Fiorita”, nel 1975 si ritrovò a lottare nel tentativo di esportare la piadina romagnola in Europa. Un pari con il Torino e la contemporanea sconfitta del Bologna contro l’Inter consentirono ai bianconeri, giusto grazie alla differenza reti nei confronti dei vicini, di conquistare il sesto posto e di fatto la zona UEFA visto che nel frattempo il Napoli, vincendo la Coppa Italia, aveva liberato lo slot in grassetto della classifica. Cesena diventa in tal modo la prima città non capoluogo di provincia a qualificarsi per un torneo continentale. Il sorteggio disse Magdeburgo, Germania Est, squadra in cui militava il centravanti Jürgen Sparwasser. Il Cesena passato dalla guida di Pippo Marchioro a quella di Giulio Corsini, si preparò quindi ad una trasferta al di là della Cortina di Ferro. Occorsero passaporti pieni di visti rilasciati dall’ambasciata, dopodichè tutti a bordo di un aeroplano di fabbricazione sovietica modello Tupolev destinazione Berlino. In valigia, sangiovese, tortellini e salami. Nonostante una serie di garanzie l’incognita lasciò posto alla certezze alimentari. Da Berlino a Magdeburgo sono circa 150 chilometri di bus, e all’arrivo, il 15 settembre 1976, il presidente Manuzzi si troverà davanti una Mini targata Forlì, un tifoso si era sobbarcato da solo 1200 chilometri di strada per assistente all’esordio europeo del Cesena. Il Magdeburgo, tre volte campione della Oberliga e vincitore della Coppa delle Coppe appena due anni prima, era gruppo scafato, esperto, oltremodo ringhioso e fin da subito il Cesena cadde nella trappola lasciandosi innervosire. Dopo il primo tempo i romagnoli sono già sotto di 2 gol e con un uomo in meno, nella ripresa la musica non cambiò, anzi: 3-0 al triplice fischio di chiusura. Nessuno si immaginava di ribaltare la situazione, tuttavia al ritorno, sospinto da un pubblico entusiasta, la squadra tentò l’impresa impossibile. Il capelluto Giorgio Mariani, un ragazzone anticonformista estroverso e irrequieto, andò a segno con un bel rasoterra nella prima parte di match, poi in apertura di ripresa la botta di sinistro di Fiorino Pepe aprì orizzonti insperati e produsse un frastuono incredibile nella piccola "bombonera" cesenate gonfia di 15000 spettatori. Sul 2-0 i tedeschi sembravano cotti, il Cesena illuminato dalle geometrie di Giorgio Rognoni, continuava a spingere lasciando però spazio ai contropiedi, uno dei quali sarà fatale. Un’incursione di Sparwasser terminata con un finissimo diagonale, non lascerà scampo al portierone d’acciaio Lamberto Boranga, soprannominato “Bongo”, e pose fine all’euforia cesenate. “Fu l’errore più grande della mia carriera” -dirà in seguito Boranga. La capocciata del 3-1 siglata dall’ala di Ponsacco Emiliano Macchi aumenterà solo i rimpianti; in ogni caso il Cesena fece dimenticare la pessima partita d’andata, mostrandosi ampiamente degno del palcoscenico.

 

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