martedì 28 settembre 2021

ICH BIN EIN MAGDEBURGER


Nella foschia del primo mattino le sagome delle gru emergevano, quasi irreali, all'orizzonte, instaurando la corona metallica di una città che la guerra aveva ferito a morte e ora stava quasi completando la sua resurrezione dal deserto di macerie. E’ il 1974, anno entusiasmante e disgraziato al tempo stesso, dove i ruderi stavano per essere definitivamente sepolti sotto le collinette dei giardini che ravvivavano i nuovi quartieri. Magdeburgo, la città vergine e inespugnabile della guerra dei trent’anni, affresco gotico su cui converge la torcia dell’eretico di Altieri, fu centro basilare delle industrie belliche Krupp durante il secondo conflitto mondiale. Gli aerei alleati distribuirono la loro pioggia di bombe su fabbriche, palazzi, chiese, e monumenti. Senza distinzione. Sedicimila morti in mezz'ora, nella sola ondata del 18 gennaio 1945 mentre il rimasuglio della Wermacht con indomito e inverosimile sforzo tentava di ricacciare indietro le teste di ponte angloamericane sull’Elba senza un briciolo di speranza. Entrando in Alter Markt, oltre l'atrio, attraverso le grandi vetrate, qualche spezzone di arco anneriti testimoniava ancora il passato da ricomporre, come fosse un immenso puzzle. Il piano di sviluppo socialista prevedeva cantieri edili rivolti al 1990, anno in cui, in tutta la DDR avrebbe dovuto essere annunciata “la fine del problema casa”, il più sentito nel paese e per il quale effettivamente si lavorò alacremente. E se Hans Peter Kirsgh sarà l’architetto che più di altri ha cambiato i connotati a Magdeburgo, evidentemente la K è lettera angolare anche nel calcio perché sempre qui Heinz Krügel, nato il 24 aprile 1921 nell'attuale distretto di Zwickau a Planitz, ferito sul fronte russo, dopo la vittoria nel primo campionato della Zona Orientale con l'SG Planitz nel 1948 a 29 anni, a causa di un grave infortunio al ginocchio, diventerà iconica fermo immagine per la sua straordinaria avventura da allenatore. Tipo sornione, calvizie inclemente, una tuta ginnica per amica, Krügel, all’ombra dei riflettori dell’Ernst-Grube-Stadion, arriverà nel 1966 mentre sui francobolli della DDR imperversava il profilo del cosiddetto Oleodotto dell'Amicizia che dalla Madre Russia erogava petrolio al Patto di Varsavia. Il suo pragmatismo da medico della mutua individuerà subito un ragazzino diciottenne con la zazzera, Jürgen Sparwasser, lo convocherà negli uffici del club e gli disse: "Stai lontano da quelli che ti danno solo pacche sulle spalle dopo le vittorie, attieniti a quelli che ti dicono cosa era buono e che non nascondono cosa devi fare meglio”. Sparwasser, che si è assicurato fama eterna ai Mondiali del 1974 con il goal per la DDR nella vittoria per 1-0 nel girone eliminatorio contro i cugini in blue jeans dell’ovest, andrà a segno anche nella semifinale di Coppa delle Coppe disputata in primavera allo stadio Alavalade di Lisbona aprendo le porte della finale al Magdeburgo. Il settimanale “Kicker” si dimostrò piuttosto scarso in fantasia quando presentò la partita con il Milan assegnandole il classico titolo di "Davide contro Golia". Helmut Gaube, fino ad allora schierato principalmente nella squadra riserve della lega distrettuale sarà chiamato da Krügel sul palcoscenico per la squalifica del difensore Klaus Decker e dovette controllare il signor Gianni Rivera, trascinandolo sull'orlo dell'invisibilità in una rappresentazione plastica da atto d'accusa da libro di Herman Hesse atto a condannare il consumismo occidentale e la sua struttura ipocrita, chiusa e limitante delle libertà dello spirito. Heinz Krügel era un eccellente psicologo, dice Wolfgang Seguin, che, come Sparwasser e l'allora capitano Manfred Zapf, ha servito i dieci anni di Krügel nel laboratorio biancoblu di Magdeburgo tra il 1966 e il 1976. Seguin, a Rotterdam contro i rossoneri, segnerà la rete del 2-0 da posizione defilata dopo 73 minuti chiudendo, di fatto, l’incontro. Restano foto leggendarie quelle effettuate durante il giro di campo dopo la consegna del trofeo con i giocatori insaccati in empirici accappatoi bianchi. Il Magdeburgo era una squadra d'attacco. Si erano fatti le vesciche ai piedi a furia di creare possibilità e soluzioni da gol. Un continuo movimento alla ricerca degli spazi e degli scambi per concludere. Gli uomini che misero in ginocchio il Milan (e vinsero il titolo domestico) provenivano tutti da Magdeburgo e dintorni: Wolfgang Seguin di Burg, Jürgen Sparwasser di Halberstadt, Manfred Zapf di Stapelburg, Jürgen Pommerenke di Wegeleben, Martin Hoffmann, il pulcino di Gommern, Wolfgang Abraham di Osterburg, il portiere Ulrich Schulze di Darlingerode. “Heinz Krügel non era uno che dettava, ma una persona meravigliosa che ci rispondeva” -racconta il recordman della nazionale della DDR Joachim Streich, “l'uomo giusto al posto giusto, ci ha lasciato il guinzaglio lungo quando serviva, poi lo ha tirato con rara personalità”. Lui e il suo assistente allenatore Günter Konzack erano una coppia ideale, una sorta di Brian Clough e Peter Taylor con passaporto tedesco orientale. Il suo mantra rispondeva sempre all’asserzione: “Stai calmo, giovanotto, capisco”. Sorprese i suoi ragazzi con metodi di allenamento non convenzionali e insoliti, promosse nuovi modelli di preparazione atletica motivando a dovere il gruppo e soprattutto mostrando coraggio rispetto a un sistema stringente nelle sue disposizioni non esattamente libertarie. Eppure non si lasciò convincere da nulla. Per i funzionari che regolavano il pallone della DDR aveva battute incisive: "Il sole splende su Nizza, il mondo intero su di noi". "Alcuni della direzione del distretto cercarono di interferire e Heinz gli mugugnò pubblicamente: “Siete politici, dovete assicurarvi che le persone stiano bene. Io sono un allenatore di calcio, con anima e corpo, una figura paterna, un insegnante”. A proposito del golpe di Rotterdam, disse: "Se avessi allenato secondo le linee guida della Federcalcio, non avremmo mai vinto quella coppa.” Insomma voleva essere un allenatore, non un ambasciatore politico. Nonostante gli ottimi risultati Krügel (e il Magdeburgo indirettamente) scivolò su una cartaccia telegrafata in codice. È una storia di speranza appena assaggiata. Quello che è successo a Magdeburgo dopo quel trionfo è una storia di speranza appena assaggiata. Tutto riecheggia, rimbomba ed è amplificato quando vivi in una città per molti aspetti ancora in bianco e nero. Perché questa storia è certamente un'eco, di proporzioni piuttosto eclatanti ed è importante ricordare che il 1974 è stato diplomaticamente un anno molto tempestoso. C'erano molti dissidenti in tutte le terre teutoniche, i ribelli volevano che la società tedesca fosse un po’ più equilibrata. La Rote Armee Fraktion (la banda Baader-Meinhof) era all'apice della sua aurea di terrore a livello nazionale. In autunno a Zurigo l’urna della UEFA sorteggiò il Magdeburgo come avversario del Bayern in Coppa dei Campioni. Dentro una cabina telefonica di Monaco bagnata dalla pioggia d’autunno, c’è l’allenatore dei bavaresi Udo Lattek intento a spiegare a un membro del suo staff le tattiche che intende usare per battere l’ostica squadra dell’Est galvanizzata non solo dal successo europeo ma anche dalla beffa di Amburgo firmata proprio da un suo giocatore. Lattek non sa che quella cabina è controllata da una pulce sistemata dalla STASI e in breve il discorso arriva nelle mani di Krügel che però si rifiutò di utilizzare un dialogo registrato per scopi tattici. Era interessato allo sport, non allo spionaggio. Tuttavia questa volta la sua intransigenza gli costò cara al di là dell’insuccesso nel doppio confronto contro i bavaresi. La squadra ricevette la notizia della radiazione del loro mentore durante un pasto poco prima di una partita di campionato. Krügel, l'uomo che Seguin chiama senza esitazioni "il più grande allenatore di club della DDR", fu bandito dal calcio e il governo decise di assumerlo come responsabile presso la BSG Motor Mitte di Magdeburgo. Ma sportivamente solo dopo la caduta del muro venne riabilitato. Si spegnerà nell'ottobre del 2008 all'età di 87 anni, e dal 2014 è stata eretta una scultura in bronzo in suo onore davanti alla moderna MDCC Arena, ribattezzata a suo nome, e eretta a due passi dallo scorrere dell’Elba e dai pinnacoli della Kloster Unser Lieben Frauen, il Monastero di Nostra Signora. Magdeburgo, über alles.
 

 

 

 

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