Nella foschia del primo
mattino le sagome delle gru emergevano, quasi irreali, all'orizzonte, instaurando
la corona metallica di una città che la guerra aveva ferito a morte e ora stava
quasi completando la sua resurrezione dal deserto di macerie. E’ il 1974, anno
entusiasmante e disgraziato al tempo stesso, dove i ruderi stavano per essere definitivamente
sepolti sotto le collinette dei giardini che ravvivavano i nuovi quartieri.
Magdeburgo, la città vergine e inespugnabile della guerra dei trent’anni, affresco
gotico su cui converge la torcia dell’eretico di Altieri, fu centro basilare
delle industrie belliche Krupp durante il secondo conflitto mondiale. Gli aerei
alleati distribuirono la loro pioggia di bombe su fabbriche, palazzi, chiese, e
monumenti. Senza distinzione. Sedicimila morti in mezz'ora, nella sola ondata
del 18 gennaio 1945 mentre il rimasuglio della Wermacht con indomito e
inverosimile sforzo tentava di ricacciare indietro le teste di ponte
angloamericane sull’Elba senza un briciolo di speranza. Entrando in Alter Markt,
oltre l'atrio, attraverso le grandi vetrate, qualche spezzone di arco anneriti
testimoniava ancora il passato da ricomporre, come fosse un immenso puzzle. Il
piano di sviluppo socialista prevedeva cantieri edili rivolti al 1990, anno in
cui, in tutta la DDR avrebbe dovuto essere annunciata “la fine del problema casa”, il più sentito nel paese e per il quale
effettivamente si lavorò alacremente. E se Hans Peter Kirsgh sarà
l’architetto che più di altri ha cambiato i connotati a Magdeburgo,
evidentemente la K è lettera angolare anche nel calcio perché sempre qui Heinz Krügel,
nato il 24 aprile 1921 nell'attuale distretto di Zwickau a Planitz, ferito sul
fronte russo, dopo la vittoria nel primo campionato della Zona Orientale con
l'SG Planitz nel 1948 a 29 anni, a causa di un grave infortunio al ginocchio, diventerà iconica fermo immagine per la sua straordinaria avventura da allenatore. Tipo sornione, calvizie
inclemente, una tuta ginnica per amica, Krügel, all’ombra dei
riflettori dell’Ernst-Grube-Stadion, arriverà nel 1966 mentre sui francobolli
della DDR imperversava il profilo del cosiddetto Oleodotto dell'Amicizia che
dalla Madre Russia erogava petrolio al Patto di Varsavia. Il suo pragmatismo da
medico della mutua individuerà subito un ragazzino diciottenne con la zazzera, Jürgen
Sparwasser, lo convocherà negli uffici del club e gli disse: "Stai lontano da quelli che ti danno
solo pacche sulle spalle dopo le vittorie, attieniti a quelli che ti dicono
cosa era buono e che non nascondono cosa devi fare meglio”. Sparwasser, che
si è assicurato fama eterna ai Mondiali del 1974 con il goal per la DDR nella
vittoria per 1-0 nel girone eliminatorio contro i cugini in blue jeans
dell’ovest, andrà a segno anche nella semifinale di Coppa delle Coppe disputata
in primavera allo stadio Alavalade di Lisbona aprendo le porte della finale al
Magdeburgo. Il settimanale “Kicker”
si dimostrò piuttosto scarso in fantasia quando presentò la partita con il
Milan assegnandole il classico titolo di "Davide
contro Golia". Helmut Gaube, fino ad allora schierato principalmente
nella squadra riserve della lega distrettuale sarà chiamato da Krügel sul palcoscenico
per la squalifica del difensore Klaus Decker e dovette controllare il signor Gianni
Rivera, trascinandolo sull'orlo dell'invisibilità in una rappresentazione
plastica da atto d'accusa da libro di Herman Hesse atto a condannare il consumismo
occidentale e la sua struttura ipocrita, chiusa e limitante delle libertà dello
spirito. Heinz Krügel era un eccellente psicologo, dice Wolfgang Seguin, che,
come Sparwasser e l'allora capitano Manfred Zapf, ha servito i dieci anni di
Krügel nel laboratorio biancoblu di Magdeburgo tra il 1966 e il 1976. Seguin, a
Rotterdam contro i rossoneri, segnerà la rete del 2-0 da posizione defilata
dopo 73 minuti chiudendo, di fatto, l’incontro. Restano foto leggendarie quelle
effettuate durante il giro di campo dopo la consegna del trofeo con i giocatori
insaccati in empirici accappatoi bianchi. Il Magdeburgo era una squadra
d'attacco. Si erano fatti le vesciche ai piedi a furia di creare possibilità e
soluzioni da gol. Un continuo movimento alla ricerca degli spazi e degli scambi
per concludere. Gli uomini che misero in ginocchio il Milan (e vinsero il titolo domestico) provenivano tutti
da Magdeburgo e dintorni: Wolfgang Seguin di Burg, Jürgen Sparwasser di
Halberstadt, Manfred Zapf di Stapelburg, Jürgen Pommerenke di Wegeleben, Martin
Hoffmann, il pulcino di Gommern, Wolfgang Abraham di Osterburg, il portiere
Ulrich Schulze di Darlingerode. “Heinz
Krügel non era uno che dettava, ma una persona meravigliosa che ci rispondeva” -racconta
il recordman della nazionale della DDR Joachim Streich, “l'uomo giusto al posto giusto, ci ha lasciato il guinzaglio lungo
quando serviva, poi lo ha tirato con rara personalità”. Lui e il suo
assistente allenatore Günter Konzack erano una coppia ideale, una sorta di
Brian Clough e Peter Taylor con passaporto tedesco orientale. Il suo mantra
rispondeva sempre all’asserzione: “Stai
calmo, giovanotto, capisco”. Sorprese i suoi ragazzi con metodi di allenamento
non convenzionali e insoliti, promosse nuovi modelli di preparazione atletica motivando
a dovere il gruppo e soprattutto mostrando coraggio rispetto a un sistema
stringente nelle sue disposizioni non esattamente libertarie. Eppure non si
lasciò convincere da nulla. Per i funzionari che regolavano il pallone della
DDR aveva battute incisive: "Il sole
splende su Nizza, il mondo intero su di noi". "Alcuni della
direzione del distretto cercarono di interferire e Heinz gli mugugnò
pubblicamente: “Siete politici, dovete
assicurarvi che le persone stiano bene. Io sono un allenatore di calcio, con
anima e corpo, una figura paterna, un insegnante”. A proposito del golpe di
Rotterdam, disse: "Se avessi
allenato secondo le linee guida della Federcalcio, non avremmo mai vinto quella
coppa.” Insomma voleva essere un allenatore, non un ambasciatore politico.
Nonostante gli ottimi risultati Krügel (e il Magdeburgo indirettamente) scivolò
su una cartaccia telegrafata in codice. È una storia di speranza appena
assaggiata. Quello che è successo a Magdeburgo dopo quel trionfo è una storia
di speranza appena assaggiata. Tutto riecheggia, rimbomba ed è amplificato quando
vivi in una città per molti aspetti ancora in bianco e nero. Perché questa
storia è certamente un'eco, di proporzioni piuttosto eclatanti ed è importante
ricordare che il 1974 è stato diplomaticamente un anno molto tempestoso.
C'erano molti dissidenti in tutte le terre teutoniche, i ribelli volevano che
la società tedesca fosse un po’ più equilibrata. La Rote Armee Fraktion (la
banda Baader-Meinhof) era all'apice della sua aurea di terrore a livello
nazionale. In autunno a Zurigo l’urna della UEFA sorteggiò il Magdeburgo come
avversario del Bayern in Coppa dei Campioni. Dentro una cabina telefonica di
Monaco bagnata dalla pioggia d’autunno, c’è l’allenatore dei bavaresi Udo
Lattek intento a spiegare a un membro del suo staff le tattiche che intende
usare per battere l’ostica squadra dell’Est galvanizzata non solo dal successo
europeo ma anche dalla beffa di Amburgo firmata proprio da un suo giocatore. Lattek
non sa che quella cabina è controllata da una pulce sistemata dalla STASI e in
breve il discorso arriva nelle mani di Krügel che però si rifiutò di utilizzare
un dialogo registrato per scopi tattici. Era interessato allo sport, non allo
spionaggio. Tuttavia questa volta la sua intransigenza gli costò cara al di là
dell’insuccesso nel doppio confronto contro i bavaresi. La squadra ricevette la
notizia della radiazione del loro mentore durante un pasto poco prima di una
partita di campionato. Krügel, l'uomo che Seguin chiama senza esitazioni "il più grande allenatore di club della
DDR", fu bandito dal calcio e il governo decise di assumerlo come
responsabile presso la BSG Motor Mitte di Magdeburgo. Ma sportivamente solo
dopo la caduta del muro venne riabilitato. Si spegnerà nell'ottobre del 2008
all'età di 87 anni, e dal 2014 è stata eretta una scultura in bronzo in suo
onore davanti alla moderna MDCC Arena, ribattezzata a suo nome, e eretta a due
passi dallo scorrere dell’Elba e dai pinnacoli della Kloster Unser Lieben Frauen, il Monastero di Nostra Signora. Magdeburgo,
über alles.
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