Муње! tradotto
starebbe a significare fulmine. E’ un film di produzione serba girato nel 2001 e diretto
da Radivoje Andrić. La trama è incentrata dentro una notte d’inverno
belgradese, le inquadrature si tingono dei colori dei lampioni della periferia,
delle insegne del centro, dei fari delle auto, si intuisce San Sava, la
fortezza di Kalmegdan spruzzata di ocra, si percepisce Piazza della Repubblica.
Dentro una desueta berlinetta rossa, molto giù di carrozzeria, ci sono un paio di
amici, Pop e Mare, che hanno inciso un disco e sperano di pubblicarlo grazie
all’amicizia di un ex compagno di scuola, Gojko, che a differenza di loro
qualcosa nella vita ha combinato ed è diventato un personaggio di rilievo, proprietario
di un locale e di uno studio di registrazione, con tanto di guardia di corpo al
seguito. C’è un problema. Gojko non ha un buon ricordo dei due, da bambino è
stato tartassato e preso in giro, venendo soprannominato Sisa (grassone), e deciderà di boicottarli per vendicarsi del bullismo ricevuto. Oh,
sbuca naturalmente anche una bella ragazza di nome Kata, e un’altra, Lola, tipa con
ambizioni musicali, una che vuole cantare ma secondo lei non ha ancora una band di supporto valida, appare perfino
un sacerdote e appare un ladro travestito da Babbo Natale in pieno spirito balcanico,
con contaminazioni mediterranee e atteggiamento vagamente frivolo nei
confronti della vita, oltre a un giovane poliziotto, dal baffo accennato, troppo
compunto per essere serio, e troppo fuso dai turni di notte per non divertirsi
a inseguire gente che mette il culo fuori dal finestrino e sulla testata del
letto non ha esattamente un santino ma una bandana con la foglia di marjuana
e accanto un gagliardetto della Stella Rossa, ricettacolo perfetto dal quale
può scroccare un paio di lattine di birra e un discreto cannone nascosto sotto un cappello alla pescatora. Il tutto sul sottofondo musicale di “Rizlu Imaš”:
“Non hai la carta d'identità, vuol dire che stasera farai un pisolino in
caserma”. La commedia ha avuto un successo straordinario in Serbia, ma a noi
serviva un aggancio utile perché a un certo punto, davanti a un bazar mordi e
fuggi zeppo di cassette di frutta e sacchi di patate si ferma un eccentrica
macchina con i fanaloni rotondi in pieno stile anni ’30 il cui guidatore, un
tipo sulla cinquantina portati bene, si ferma, capisce di
essere stato riconosciuto e fa l’occhiolino al gruppetto aspettando la commessa del
negozio che stancamente gli porta una borsa della spesa. Il protagonista del cameo
interpreta se stesso, è Dušan "Dule" Savić, il grande
bomber della Stella di Rossa di Belgrado nel decennio ’73- ’83, che ipnotizza il gruppo, gli viene offerta una “pivo”, dopodiché se ne va in modo
stravagante così come era arrivato. “Londra è in silenzio”, eccola la frase cult
del film, perchè Savić fu l’uomo che silenziò Highbury. Correva la stagione 1978/79 e
correvano forte anche dalle parti del Marakana, mentre Belgrado impazziva per Mate
Parlov campione del mondo dei mediomassimi, e Stane Dolanc, segretario della
Lega Comunista all’ombra di Tito, annunciava riforme. Lo stadio si ergeva come adesso, enorme
e bistorto, nella zona di Autokomanda quartiere al confine dei comuni di Vozdovac,
Savski e Vracar, zona di intrecci stradali e del destino, nel centro non
troppo centro di Belgrado, dove spicca il monumento in bronzo al generale
francese Louis Franchet d'Espèrey Louis Franchet d'Espèrey, che comandò le
forze serbe sul fronte di Salonicco ottenendo la capitolazione
dell'armata tedesco-bulgara. L’allenatore di quella squadra è Branislav “Branko”
Stanković, detto Stane e detto anche “l’Ambasciatore” per il bell'aspetto, la
postura eretta, e il portamento elegante da diplomatico, oltre ad essere inflessibile
nelle questioni essenziali di spogliatoio. Fra il novembre e il dicembre del
1979 il sorteggio di Coppa UEFA sentenzia Stella Rossa- Arsenal (andata 23
novembre- ritorno 6 dicembre) sono gli ottavi di finale e gli jugoslavi ci
arrivano dopo una pazzesca rimonta rifilata alla Dynamo Berlino e dopo aver
fatto fuori gli spagnoli dello Sporting Gijon. Al Marakana che in una partita
del 1975, prima di essere ridimensionato, ospitò oltre 110 mila spettatori, l’atmosfera
è di quelle febbrili. L'azione della rete del definitivo 1-0 partirà da Nedeljko
Milosavljevic, che servirà il capitano Vladimir Petrovic il quale fu bravo a pescare
sotto porta l’accorrente tocco vincente di Cvijetin Blagojevic. Poteva non
bastare e ad Highbury due settimane dopo ci sono 52000 spettatori nel gelo di
Islington. Branko Stanković manderà dentro: Stojanović, Jovanović, Krmpotić,
Muslin, Keri, Jurišić, Petrović, Blagojević, Savić, Borovnica, e Milosavljević.
La Stella Rossa giocò con una candida maglia bianca, undici piume nel vento del nord
di Londra. I monelli di Belgrado, (la squadra dall’età media più giovane
dell’intero torneo, s’avvitano sui duelli aerei, sbrogliano matasse di cotone dell'Hertfordshire,
sdrammatizzano la profondità dei cori della North Bank. Stojanović tiene botta con estrema disinvoltura davanti alle quinte emendate dello stadio, poi però Alan
Sunderland a venti dal termine si scuote il cespuglio di ricci e indovinerà il
colpo di testa che parve dovesse far crollare le speranze della squadra di Stanković,. E invece, a due minuti dalla fine,
in un Highbury imballato dalla paura, la Stella Rossa effettuerà 14 passaggi
consecutivi senza che i londinesi riescano ad intercettare la sfera che alla fine arriva nel cuore dell’area di rigore blindata da Jennings, e
qui Dušan Savić, l’uomo che camminava con la testa dove nessuno osava mettere
piede, segnerà la rete del pareggio e della qualificazione, una rete che ancora oggi viene raccontata tra le
persone che hanno nel cuore la società fondata da studenti dell'Università
di Belgrado nel febbraio del 1945. Муње!
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