Il Bohemians dovreste guardarlo attraverso una cartina
tornasole virata su toni freddi, il colore acceso non rende
completamente giustizia, non instaura il corretto registro, la piacevole
armonia, la discrepanza fra la mitteleuropa che fu e l’orrido serrarsi
dell’attualità. Sì, indubbiamente, il Bohemians Praga è una delle squadre più
romantiche al mondo, non sentitevi offesi. Che poi si collochi nell’anima
piena di sogni, persi in altrettanti sogni, di una città dove può
accadere qualsiasi cosa, sotto cupole smeraldo che invocano neve, né
dimostra la sintesi escatologica. Occorre salire sul Tram numero 24 in
Piazza Venceslao e semplicemente scendere alla fermata Bohemians nel
quartiere Vrsovice in cui il club sorse, frutto dell’idea di un virtuoso
gruppo ciclistico che nel 1905 abbinerà il pallone alle due ruote
quando da questo distretto le statue sul ponte di San Carlo potevi
vederle soltanto se salivi sulla cima di un faggio poiché eravamo ancora
in un ambiente prevalentemente rurale per non dire silvestre. Roba che
un canguro alla fine si sarebbe trovato quasi bene. Ah, il canguro.
L’animale totemico del Bohemians, cucito sullo stemma, è frutto della
bizzarra donazione della Federcalcio australiana sul finire degli anni
‘20 dopo che la squadra andò a giocarci una tournée. In realtà i canguri
erano due, una coppia, e lo stravagante regalo, una volta rientrati a
Praga, venne affidato a Oldrich Havlín, un giocatore dell’epoca, che
consegnò i canguri allo zoo cittadino in cui vissero sereni il resto
della loro esistenza. Insomma cose curiose a Vrsovice, dove pulsa il
vecchio stadio Dolicek, e tutt’intorno ruota una zona satura di
palazzoni in Art Noveau, una zona schiva, di quelle da ambientarci un
libro, o un film, con protagonisti degli incappucciati alchimisti,
intenti al calar della sera a percorrere strette viuzze acciottolate,
rischiarate dalla luce smorzata di lampioni velati dalla leggera bruma
emersa silenziosa dal Botic, un fiumiciattolo, anzi un ruscello, il
tutto mentre al caffè Sladkovsky, oltre a rimettervi al mondo con una
pinta di Klobasa e un fumante Parek, potreste incominciare a veder
spuntare la storia del club in quadretti appesi a pareti pastello
ingentilite da tendine in stile liberty. Certamente non mancherà il
ritratto di Antonin Panenka, baffi d’ordinanza e pancetta malcelata,
l’uomo della foglia morta, quello che brevettò il rigore a cucchiaio,
scommettendo sulla sua efficacia durante gli allenamenti con il portiere
Zdnek Hruska. Panenka già a 11 anni si era vestito di biancoverde ma
non c’era in quel 1983 quando il Bohemians vinse il suo primo e unico
titolo nazionale e al Dolicek scoppiò un autentico delirio. Ecco, quegli
anni profumano davvero di un romanticismo imbarazzante, fusione di
bellezza e talento, densità semantica primordiale contro la quale non si
può competere. La squadra del capitano Premysl Bicovsky, di Milan
Cernak, di Jiri Sloup, che ebbe anche lampi di prestigio nelle coppe, e
una sera, si prese la briga di eliminare l’Ajax di un giovane Marco Van
Basten proprio nel catino "boemo" del Dolicek.
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