La
lontananza sai è come il vento. Lo cantava Domenico Modugno e qualcosa
ci incastra con questa storia. A Livorno il vento che comanda è il
libeccio; spinge le onde a infrangersi sugli scogli sotto la terrazza
Mascagni e sparge tra i quartieri l’aria pungente e schietta del
Tirreno. Si, forse, (il forse è d’obbligo), la lontananza, o il tempo,
assomiglia al vento che ha provato a mitigatare anche i cuori più duri,
lenendo il ricordo di quei venti minuti in cui si passò dall’entusiasmo
straripante di uno scudetto vinto alla rabbia per il ribaltamento del
risultato. Nella città dei Quattro Mori ci hanno fatto perfino una
commedia teatrale dal titolo “tre-due-uno- Forti ir canestro (ir) era
bono”. La Location fu il teatro dei Salesiani perché intanto occorre
fare un bel distinguo. In quel caldissimo pomeriggio del 27 maggio 1989
mica tutta Livorno tifava per l’Enichem di Alberto Bucci, solo metà o
una porzione, diciamo così, l’altra sinceramente gufava. Roba sociale,
politica. La Enichem, o Libertas, in canotta gialloblu era l’espressione
borghese, benestante, della città, mentre l’allora Allibert, o
Pallacanestro che dir si voglia, in canotta biancorossa, rappresentava
invece il tessuto più proletario, portuale.
In ogni caso dogmi non completamente assunti, la verità, quello che balzava subito agli
occhi, era l’enorme passione di Livorno per il basket con due squadre nel
massimo campionato e l'angusto, semisferico, Palasport di Via Allende sempre
pieno come un “ovo” (sodo?) ogni domenica. Erano anni strani, anni di
mezzo, di cambiamento, la coda degli ottanta stava per sgretolare il
muro di Berlino, nei locali si ballava la Lambada e con le lire
inflazionate si campava ancora bene. L’Enichem era la squadra di
proprietà delle famiglie Boris e D’Alesio, una società che aveva
investito egregiamente su ragazzi di talento lasciandogli tutto il tempo
necessario per maturare. Alberto Bucci intuì la maniera per fargli fare
il decisivo salto di qualità. Alessandro Fantozzi e Andrea Forti
rispettivamente play e guardia erano tipi non eccessivamente atletici
tuttavia durissimi in difesa e chirurgici in attacco, Alberto Tonut e
Wendell Alexis una sicurezza sulle ali e infine la rotazione fra Flavio
Carera e Joe Binion sotto le plance garantiva solidità costante al
rimbalzo. La gara decisiva fu dipsutata contro l’Olimpia Milano di coach
Franco Casalini, dell’icona Dino Meneghin, del goriziano ribelle
Roberto Premier, della classe arrivata da oltreoceano di Bob Mc Adoo,
della regia di Mike D’Antoni e della giovane promessa Riccardo Pittis;
una Milano che da sette anni consecutivi si giocava lo scudetto. La serie si disputò al meglio delle tre partite e dopo due vittorie
esterne per entrambe si tornò a Livorno per la "bella" visto che
l’Enichem durante la stagione regolare aveva guadagnato una posizione di
classifica migliore sulla griglia dei play off. Quella partita si
porterà dentro un epoca, la concluse e gettò le chiavi. Gli ultimi
secondi saranno fra i più concitati e pazzi di sempre. Fantozzi recuperò
il pallone sulla metà campo a una manciata di secondi dalla fine e
invece di tirare da tre rischiando di sbagliare nettamente e mettere
malamente termine a una sfida drammatica da O.K. Corral, ebbe il guizzo
del genio riuscendo a distinguere nella selva di corpi dell’area
avversaria il fisico smunto e le braccia lunghe di Andrea Forti. Forti
agguantò la sfera portandosela davanti alla faccia anticipando il
raddoppio micidiale e scorretto della coppia Meneghin- Mc Adoo.
Tutto
il Palasport urlava, tutto era un fremito incontenibile, alcuni caddero
in ginocchio mentre la palla ribalzava sul ferro per poi scivolare
lentamente dentro il cerchio. Andrea Forti finì steso a terra, dopodichè
arrivarono attimi interminabili dove non si capì praticamente niente in
una bolgia da girone dantesco. Qualche giocatore si rifugiò negli
spogliatoi, Premier scatenò una rissa con i tifosi, l’arbitro Grotti
(quello accanto al tabellone) assegnò canestro più fallo aggiuntivo per
l’Enichem. Era finita? la Libertas Enichem Livorno era veramente
campione d’Italia? Le voci si impastarono, si mischiarono; Alexis saltò
sulle spalle di Carera e si metterà a tagliare la retina come da prassi
del vincitore, la folla pareva un mare increspato dalla schiuma del
trionfo. E invece no, un quarto d’ora circa e tutto cambiò. Anche i
primi TG della sera, che avevano annunciato il tricolore livornese,
furono costretti a rettificare la notizia d'apertura.
Successe
che l’altro arbitro, quello nei pressi del tavolo dei giudici, tale
Pasquale Zeppillo, che successivamente per timore di qualche ritorsione
muterà il cognome in Zeppilli, dichiarò di aver sentito distintamente la
sirena suonare precedentemente al tiro e revocherà la decisione del
collega capovolgendo il risultato. Complicato dire che udì
correttamente. Le sirene del Palazzetto dell’Ardenza erano al soffitto e
non vicino al banco degli ufficiali addetti alla partita. Fatto sta che
quella sconfitta dolorosa farà in modo di ripiegare su se stessa la
Libertas che da quella batosta non si riprenderà mai più fallendo
nell’estate del 1991. Allo stesso modo l’intera Livorno cestistica subì
un contraccolpo negativo e amaramente incomincerà a sparire dai radar
del basket italiano.
giovedì 1 ottobre 2020
CAMPIONI PER 20 MINUTI
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