domenica 4 ottobre 2020

IL DERBY ETERNO


Mai piaciuta la Play Station tantomeno il pubblico ammaestrato. Figuriamoci cosa ne penso dell’NBA che ha distrutto la pallacanestro. Lo so, a voi magari piacciono le schiacciate, i tiri da metà campo, le passeggiate impunite, l’assenza quasi totale di un briciolo di difesa. Maledetta sia la globalizzazione, maledetto questo mondo che ci vuole numeri, cancellando culture, appartenenze, identità. Maledetto sia il conformismo; quel modo di pensare e di essere verso il quale vogliono farci propendere, soprattutto in tempo di crisi, perché possiede un potere magnetico di falsa rassicurazione, salvo portare tutti nel burrone. Io credo ancora nel valore delle distinzioni, nelle società locali, nelle specificità, nei pensieri di coloro che sono capaci di darsi una voce, anche critica e conflittuale se serve, ma permettono di tenere alta la vigilanza e di sostenere che non siamo tutti uguali. Non perché ci siano dei buoni e dei cattivi. Non si tratta di fare moralismo o di pretendere di affermare modelli di vita o, peggio, imporli. Più umilmente si tratta di sostenere che non si può. Nei Palasport della vecchia Jugoslavia nemmeno le retine dei canestri erano simili, c’era chi le metteva corte perché si potesse ripartire meglio in contropiede, chi invece le lasciava lunghe per godere un secondo in più del tiro andato a bersaglio, chi stringeva i ferri per avere rimbalzi tremendi e chi invece li teneva morbidi per attutire la palla e ingraziarsi la fortuna in un rilancio da rosso e nero dal sapore tutto balcanico, e chi come Stella Rossa e Partizan, nel vecchio Pionir, le retine le sostituivano a turno. La Stella aveva le nappe, il Partizan dei nodini con fregio. Ecco cos'erano le peculiarità, (oggi rimosse nel nome della sacra equità..) addensate fin negli orpelli del derby eterno.

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