lunedì 5 ottobre 2020

LOVE IS IN THE AIR


Cos’è il Dundee United? Tre cose essenzialmente: Un camion di sabbia, una moglie bizzosa e una breve passeggiata. 
 
Ma andiamo con calma e se avrete la pazienza di leggere scoprirete i motivi. 
 
La recente promozione a messo un pò a posto i malumori stagione e nel mondo "tangerine" del Tannadice, si è ripartiti con discreta fiducia e la squadra di Ray McKinnon entra in campo sulle strofe sdolcinate di “Love is in the Air” di John Paul Young. I tifosi ormai attendono solo di capire quale sarà il loro avversario sulla griglia sempre piuttosto bollente dei play-offs.
 
L’Hibernian, infatti, ha già salutato la compagnia salendo direttamente al piano di sopra e allora, volenti o nolenti, occorrerà risolvere la faccenda promozione attraverso la sua appendice. D’altra parte il Dundee United il suo posticino nel massimo campionato scozzese onestamente se lo merita e dispiace abbastanza vederlo calcare un po’ depresso i campi della cadetteria, dopo lustri in cui non solo ha tenuto testa a Celtic e Rangers ma, se il vecchio “Nick” non ci avesse messo lo zampino, avrebbe potuto raccogliere onori addirittura sul continente. Oh capiamoci, il vecchio “Nick” è un modo di dire tutto britannico per riferirsi al diavolo e non a presunti torti arbitrali, così usciamo subito dalla vena polemica con una battuta..
 
La passeggiata. Duecento metri circa. Ovvero i pochi passi di distanza fra i due impianti più attigui del Regno Unito. Li compirà Jim McLean nel 1971 dopo diciotto mesi da allenatore del Dundee FC, chiamato dallo United per sostituire Jim Kerr, personaggio indimenticabile dalle parti del Tannadice Park. McLean nacque a Larkhall, una cittadina di pendolari seduta sulle rive del Clyde a poco meno di quindici miglia da Glasgow. Passata l’infanzia in seno a una famiglia operaia entrerà nella bottega di un falegname di Ashgill come apprendista. Nel 1956 qualcuno lo nota tirare calci ad un pallone nel dopolavoro e lo convincerà a mollare pialla e tavoloni per giocare con l’Hamilton Academical dove inizierà la sua carriera passata anche da Clyde, Dundee FC e Kilmarnock. Un buon giocatore, soprattutto un carattere ruspante, probabilmente troppo irascibile; uno di quelli che hanno un parere su qualsiasi argomento e stentano a non farcelo sapere. 
 
Quando arrivò nello spogliatoio dei Tangerines una prematura calvizie incominciava a diradarli i capelli neri che lui si sistemava con un decoroso riporto. McLean non era tipo da mandarle a dire; urla, provoca, preferisce vedere la partita dalla tribuna e a tale proposito (primo caso in Gran Bretagna) si farà costruire un box privato con vista campo e telefono, dal quale potrà comunicare alla sua panchina, munita di robusto cordless, eventuali disposizioni. Avvierà immediatamente una politica di sviluppo giovanile affiancando le nuove leve del vivaio a giocatori più smaliziati che gli consentirono di plasmare uno stile di gioco in linea con il suo scontroso approccio mentale alle competizioni. 
 
Ma lasciamo stare l’era McLean, ci ritorneremo, dobbiamo capire come nasce il Dundee United e attenzione, ci restano da svelare gli altri due aneddoti.
 
L'origine del Dundee United Football Club risiede innanzitutto nella volontà di creare una squadra in grado di soddisfare il desiderio di aggregazione sportiva della folta comunità irlandese riunita a Dundee dai primi del ‘900. La fondazione sarà ufficializzata il 24 maggio 1909 e il gruppo prenderà il nome di Dundee Hibernian in tributo al già fiorente sodalizio di Leith. La forza economica trainante (non a caso...) era un commerciante di biciclette del posto, un certo Pat Reilly, che naturalmente sarebbe diventato direttore del club. 
 
Quel Dundee Hibernian prenderà subito in gestione il Clepington Park, rinominato Tannadice, che né diventerà la casa mai ripudiata. Non sorprenderà nessuno il fatto che, come detto, essendo la squadra formata a grande maggioranza da irlandesi la scelta sul colore delle divise cadde inevitabilmente sul biancoverde. A rafforzare la fratellanza con i parenti di Edimburgo arrivò la prima partita tenutasi presso Tannadice Park che previde appunto un amichevole contro gli Hibs giocata il 18 agosto 1909 e finita con un salomonico pareggio per 1-1 di fronte a una folla di 7.000 spettatori. La rete del pari fu siglata da mister Jamie Docherty che automaticamente diventerà il primo marcatore del club.
 
Un club che rischiò seriamente di scomparire negli anni ‘20. Fu salvato dal fallimento da una cordata di imprenditori cittadini nell'ottobre del 1923. In quell’occasione la tinta delle maglie passò a un "all white" e il nome della squadra diventò Dundee United per cercare di attrarre maggiore interesse. 
 
Nel 1959 si sistemò in panchina Jerry Kerr e insieme a lui arrivarono sterline in cassa grazie al fondo "Taypools" legato alla riqualificazione dello stadio. C'erano pounds sufficienti a pagare gli stipendi e a trattenere alcuni giovani talenti emersi nell’Academy. E Kerr riportò lo United in Division One dopo 28 anni di assenza. Fra i giocatori dell'epoca si ricordano Dennis Gillespie e Jim Irvine, i difensori Doug Smith e Ron Yeats (che diventera' capitano nel Liverpool negli anni sessanta).
 
Iniziarono le avventure nelle coppe europee e arriveranno pure degli inviti. Nel 1967 il Dundee United fu chiamato a partecipare a una tournee estiva denominata “Northern American Soccer League”. Due anni dopo un nuovo viaggio negli States, si rivelerà quello fatale. Quello della moglie bizzosa. Quello in cui l’opera di convincimento della consorte del manager ebbe i suoi frutti. La donna infatti persuase la società che il colore bianco della maglia adottato nel 1923, avrebbe dovuto essere cambiato in una tonalità più accesa, più moderna, più luminosa. E nel 1969 ecco Il nuovo colore “mandarino” indossato in anteprima durante un amichevole estiva contro l'Everton. 
 
McLean ci scusera' se lo lasciamo ancora un attimo in sala d'attesa. Ci sono gli arabi di mezzo. Gli arabi? direte voi, non sarà un po’ presto? Il fatto è, che un altro dei soprannomi del club insieme al classico “Tangerines”, e al meno usato “Terrors” prevede il nomignolo “The Arabs”. L’aneddoto è straordinario. L'origine del termine a onor del vero non ha una risposta definitiva e avallata da tutti. E giusto però raccontare la versione più comunemente accettata che risale ai primi anni sessanta.
 
L'inverno del 1962/1963 fu particolarmente duro e al Dundee United era già stato negato il permesso di giocare molte partite a causa del Tannadice Park completamente ghiacciato. Nel disperato tentativo di disputare almeno un incontro di Coppa di Scozia contro l’Albion Rovers la società acquistò un bruciatore “United Tar”, sul genere di quelli usati sulle strade per sciogliere gli strati di ghiaccio. 
 
La soluzione anti-gelo funzionò a meraviglia, ma la superficie di gioco, eccessivamente riscaldata, perse completamente il manto erboso. Imperterriti gli amministratori del club ordinarono diversi camion carichi di sabbia per rimodellare le asperità del campo ridipingendo nel frattempo alcune linee di gioco scomparse. L'arbitro decise di giocare nonostante il chiaro imbarazzo di tutti i presenti. La partita finì in parità, ma da allora alcuni commentatori definirono lo stadio come un deserto, e da lì nascerà l’appellativo goliardico di arabi. Al quale, in ogni caso, i sostenitori si affezionarono, appropriandosene rapidamente, tanto da assistere spesso alle partite con il tipico copricapo mediorientale. A decretare definitivamente la validità del nickname ci pensò una fanzine uscita nel 1988.
 
Ora siamo davvero a Jim McLean. Quando arrivò allo United, la squadra aveva in bacheca meno trofei dei rivali cittadini. 
 
Un onta che fu lavata in breve tempo partendo dalla Coppa di Lega del 1980. Un affermazione ai danni dell'Aberdeen bissata l'anno successivo con un’altra vittoria nello stesso torneo. Ciò nonostante l’anno di grazia, resta e resterà il 1982/83. Per certi aspetti fu uno shock di proporzioni sismiche. Se pensiamo al calcio scozzese come un’unica sorgente dove si abbeverano avidamente solo Rangers e Celtic, l’intrusione del Dundee United non se l’aspettava nessuno. Ma in quel maggio del 1983, sul trono di Scozia si siederanno proprio i ragazzi con la maglia arancione listata di nero e il leone rampante sul petto. Nell’ultima gara di campionato avrebbero dovuto battere i rivali del Dundee FC in trasferta (per modo di dire…) al Dens Park. Difficile, non impossibile, visto il cammino degli uomini di McLean. Un torneo partito con una bella vittoria interna contro l’Aberdeen per 2-0 e un discreto pareggio a reti inviolate nel tempio dei Rangers a Ibrox. 
 
I protagonisti: Hamish McAlpine il portiere. Il mito narra che una volta McAlpine abbia rinviato talmente forte un pallone da Tannadice Park da farlo atterrare addirittura nello stadio del Dundee FC. Leggenda metropolitana? Forse, eppure non si possono negare le qualità del numero uno che firmò per i tangerines nel 1966 e vi rimase 20 stagioni. La linea difensiva comprendeva David Narey (recordman di presenze nelle competizioni europee e autore del bellissimo goal segnato con la nazionale scozzese al Brasile nei mondiali spagnoli), l’esperto Paul Hegarty, sbocciato in gioventù come attaccante e successivamente trasformato in ordinato difensore; Richard Gough, rossiccio centrale coriaceo, e Maurice Malpas, ragazzo di Dunfermline con un incisivo da castoro che gli regalava sorrisi sornioni. A centrocampo il pungente Derek Stark insieme all' iconico Ralph Milne, allo scoglio John Holt, a Eamonn Bannon, arrivato dal Chelsea nel 1979 per 165000 sterline, e Ian Phillip. Davanti il tandem Davie Doods- Paul Sturrock. Entrambi autentici battiti cardiaci della squadra, con il secondo che regalò tutta la sua carriera al club di Tannadice debuttando a 17 anni e chiudendo a 32, dopo aver messo a segno un totale di 109 centri.
 
Il 14 maggio '83 oltre 29.000 persone stipate, imballate, dentro al Dens Park per 90 minuti carichi di tensione e senso d’attesa. Il Dundee United diventò campione di Scozia grazie a una splendida invenzione di Ralph Milne e a un rigore di Bannon, pronto a ribattere in rete la respinta corta del portiere avversario. La classifica disse United 56, Celtic 55. L’anno dopo ci sarà la famosa partecipazione alla Coppa dei Campioni fermata soltanto nella semifinale di ritorno, in una partita pieni di veleni e polemiche, all’Olimpico contro la Roma. Nel 1987 il canto del cigno, una cavalcata strepitosa, eliminando tra gli altri il Barcellona, fino alla finalissima UEFA con gli svedesi del Goteborg, che purtroppo si imposero nel doppio confronto. Per ritrovare un successo degno di nota occorrerà aspettare la Scottish FA Cup del 1994, timbrata dal goal di Craig Brewster e quella del 2010 giusto un paio d’anni dopo la morte dell’amato presidente Eddie Thompson.
 
Adesso il bottone dell'ascensore è nei piedi (più che nelle mani..) della coppia formata dal francesino Tony Andreu, nativo di Cagnes-sur-mer in prestito dal Norwich City, e Simon Murray il rosso local boy partito dai pulcini del Dundee Celtic Club Boys. Certo non saranno Dodds e Sturrock, però occorre accontentarsi, e allora Glory Glory Dundee United, When The Shed Goes Marching On.

 

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