giovedì 15 ottobre 2020

DIO E' BULGARO!


Dentro la piccola Peugeot 205 scura parcheggiata su uno spiazzo al limitare di una zona boschiva ci sono quattro uomini, aspettano che le prime luci dell’alba rischiarino i declivi intagliati dallo scorrere placido del Reno. Fa freddo, è metà novembre, la condensa si spalma sui vetri dell’abitacolo, in cui non si fuma né si beve, solo si conversa a bassa voce sugli ultimi dettagli di un piano ordito in fretta e furia ma reo confesso di non avere altre alternative ragionevoli. Occorre restare tranquilli e lucidi nonostante la stanchezza di una nottata passata in bianco, misurando a piccoli passi la stanza di un Motel di frontiera tedesco, dove bisognava decidere se rischiare o meno quella via. La stazione doganale di Rouffach, qualche chilometro a nord di Mulhouse, un posto direbbe Simenon dove non accade mai nulla, è uno di quegli ingressi ritenuti, a detta dei migliori contrabbandieri di polli e droga, a basso controllo. Appena prima del cambio di personale la Peugeot si muove verso la sbarra, la coppia di agenti con il classico cappellino della gendarmerie a forma cilindrica detto Chepì, si avvicinano visibilmente provati dal turno. Sono due francesini da operetta di Rotrou dove le finzioni e gli artifici del teatro sono portati al massimo grado di inverosimiglianza in un atmosfera di schematica ripetitività. Dal finestrino escono i passaporti, i passeggeri vengono fatti scendere qualche minuto per dare un occhiata all’interno dell’auto, viene fatto aprire il portabagagli, poi basta, basta così, per i doganieri è tutto a posto, anzi no, uno dei due proprio mentre la macchina si rimette in moto li richiama: 
 
Bulgari eh, immagino andrete a Parigi a vedere la vostra squadra nazionale ma non fatevi illusioni abbiamo Cantona e Papin, sabato vi battiamo 3-0, buon viaggio.” 
 
La transenna meccanica si alza con un leggero rumore metallico, è fatta, nessuno ha notato i visti scaduti di Emil Kostadinov e Luboslav Penev, soprattutto nessuno li ha riconosciuti. I loro connazionali Borislav Mihajlov e Georgi Georgiev (al volante) entrambi giocatori della squadra locale avevano avuto una buona idea e adesso Kostadinov e Penev si sarebbero potuti unire al resto della squadra che dovrà affrontare la Francia al Parco dei Principi in una partita decisiva per la qualificazione a USA ’94. Quei fottuti geni dei bulgari. Fatalismo, predisposizione alla fantasticheria, indolenti, orgogliosi, tendenti all’azzardo, ottimo spirito d’osservazione e astrazione: le grandi cose vennero sempre da Sofia scriveva Ivan Vazov il letterato nato a Sopot rimasto celebre per “Sotto il giogo” romanzo in tre parti tratto dalla vita dei bulgari alla vigilia della sollevazione popolare contro gli occupanti turchi nel 1876. Emil Kostadinov e Luboslav Penev adesso giocano all’estero, rispettivamente in Portogallo, al Porto, e in Spagna al Valencia, ma ambedue sono frutto del CSKA, il club figlio dell’esercito, sorto nel 1948 ed espressione della potenza del governo. Parigi val bene un Mondiale, mutuando Enrico di Navarra. Scende una pioggia leggera, lo stadio è strapieno, dagli spalti arriva sul campo anche un galletto e gli addetti fanno fatica ad acciuffarlo fra le risate dei quarantamila presenti. La Francia ha la fiche buona, gioca in casa e con due risultati su tre a disposizione staccherebbe il biglietto avito. La prima mezz’ora non è straordinaria, le squadre appaiono contratte solo che a un certo punto la Francia segna. C’è uno scontro tra Didier Deschamps e Canko Tzvetanov a centrocampo, la palla finisce a Pedros che lancia lungo. Al limite dell’area Papin colpisce di testa e serve l’assist per l’accorrente Cantona, troppo facile, rete. Riparte una marsigliese ancora più convinta tuttavia silenziata dopo cinque minuti dalla testata vincente di Kostadinov susseguente a un calcio d’angolo. La ripresa sarà giocata su ritmi da boxeur de rues. Papin, acciaccato, è costretto a lasciare il campo per Ginola, salutato con un’ovazione dai tifosi parigini. La Bulgaria è sostanzialmente una banda di brutti ceffi, tanto brutti quanto tremendamente efficaci, guidati dal funanbolo Hristo Stoičkov, che vivacchia su un ritmo da musica Chalga, mentre Viale Vitosha è vuoto, perchè tutti sono davanti a uno schermo e nella cattedrale Alexander Nevski (più guerriero che santo) friggono le candele della speranza. La partita si sta chiudendo in pareggio e negli Stati Uniti pare debba andare davvero la Francia come da pronostico della vigilia. Almeno finché non succede qualcosa fra il prodigioso e il sorprendente. Nell’incitamento assordante del pubblico l’arbitro scozzese Leslie Mottram assegna un calcio di punizione alla Francia nei pressi della bandierina avversaria. Il regolamento non scritto auspicherebbe che, per difendere il risultato, si resti in possesso di palla più a lungo possibile, bloccando, di fatto, il gioco. Solo che David Ginola, troppo Narciso per evitare l’avvenire gaudente, piuttosto di ripassare il pallone al compagno in una banale inerzia di tedio, decide di scattare repintino verso la linea di fondo e mette in mezzo la sfera dove però non c'è nessuno, un horror vacui maledetto per la Grandeur transalpina perché la Bulgaria, a trenta secondi dallo scadere, ha un ultimo giro di motore, e da squinternati circensi da baraccone con un paio di stelle sul tendone, leggono bene la profezia. Gerard Houllier, il tecnico francese, è impietrito in panchina, le sue coordinate cartesiane stanno per sbriciolarsi in uno psicodramma. Kremenliev lancia Penev che serve il solito Emil Kostadinov il quale varca l’area di rigore e lascia partire un tiro che sbatacchia sulla traversa ed entra in rete. Il cronometro segna 44.59. Bog e bulgarska urla al microfono il telecronista della TV di Sofia. Si, Dio è bulgaro, è un editto.

 

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