Portsmouth pianse il suo beniamino cantando "Play up Pompey, Just one more goal! Make tracks! What ho! Hallo! Hallo!!". Era il 9 novembre 1982, il giorno dei funerali di Jimmy Dickinson morto a soli cinquantasette anni. Con molta probabilità il più grande giocatore della storia del Portsmouth Football Club, per due volte consecutive campione d’Inghilterra allenato da Bob Jackson. Mai ammonito, mai espulso, insomma semplicemente, “Gentlemen Jim”. E quando la federazione obbligò i club a riammodernare gli stadi la sua faccia appuntita e sorridente sarà impressa sui nuovi sedili del Fratton Park, uno di quegli impianti che profumano di calcio inglese da lontano. "The Old Girl" come lo chiamano affettuosamente i tifosi, spunta in mezzo alle case nei pressi della stazione cogliendoti di sorpresa quando meno te lo aspetti, segnalato soltanto da un meraviglioso cottage in stile Tudor, all’incrocio fra Carisboroke Road e Fragmore Road. Fratton Park è il cuore di Portsmouth. Si capisce anche dalle indicazioni stradali che man mano ti allontani dallo stadio recitano “Out of City” e fino al 2007 ha avuto curiosamente ancora una tribuna scoperta, la Milton End, riservata alle tifoserie ospiti, causticamente ribatezzata Gene Kelly Stand in associazione con il suo successo musicale di Singing in the Rain. Strana Portsmouth, dopotutto la possiamo considerare un’isola, collegata alla terraferma da tre ponti stradali e uno ferroviario ma quei segnali in verità stanno dicendo un'altra cosa: Là fuori si trova una parte diversa di Hampshire, là fuori c’è Southampton… Quella della rivalità con i “saints” è fenomeno antico. Nel 1904 i prodromi dell’antagonismo compaiono sulle pagine dei giornali locali che raccontarono di come i tifosi del Portsmouth accolsero i vicini con un fitto lancio di “clinker” ossia resti oleosi dei binari per una partita di Southern League. Altro episodio cruento fu senz'altro quello relativo al derby giocato in FA Cup il 28 gennaio 1984, passato alle cronache come la battaglia del Solent, il primo scontro diretto nella competizione dopo 78 anni che vide vincere il Southampton per 1-0 nei minuti di recupero con un goal di Steve Moran in un clima intimidatorio da ambo le parti. A fine partita Lawrie McMenemy, il manager dei saints ironicamente disse: “Ok siamo nel quinto round e in più oggi abbiamo raccolto cinque sterline in moneta e un chilo di banane”. Chiunque tifi per il Southampton è uno Scummer (gentaglia), mentre a Portsmouth sono Skates, che in italiano si legge pattini, ma significa anche pesce senza spina dorsale usato in maniera dispregiativa per indicare i marinai. Entrambe le città sono dei porti, entrambe più o meno della stessa dimensione, maledettamente attigue, maledettamente diverse. Southampton chic e borghese, Portsmouth proletaria e ruvida. I sostenitori dei pompeys dicono: “Hanno sempre giocato la carta dello snobismo, ma senza effetto, sono sempre stati gelosi di noi, della città e della nostra squadra! Cos’ha avuto Southampton? Il soggiorno del Re “Canuto” e il Titanic, che affondò...” A Portsmouth sono legati Charles Dickens, la cui casa al 393 di Old Commercial Road ora è un museo, e Sir Arthur Conan Doyle che fu medico a Bush Ville scrivendo in quel periodo il suo primo romanzo con protagonista Sherlock Holmes. E a proposito di Conan Doyle, un aneddoto (abbastanza infondato a dirla tutta) vuole che vestì anche i panni di portiere del Portsmouth. Il Portsmouth, come detto, vincerà per due anni consecutivi il titolo e sarà la prima squadra del XX° secolo a riuscirci. Lo farà grazie al suo condottiero Dickinson e da un esagono delle meraviglie composto dal cannoniere Peter Harris, il capitano Reginald Flewin, Ike Clark, Jack Froggatt, Duggie Reid e il portiere Ernest Butler. Un Portsmouth che dieci anni addietro si era preso la soddisfazione di portarsi a casa la FA Cup strapazzando 4-1 in finale il Wolverhampton. Portsmouth è porto navale, non mercantile. Esiste una differenza che marca il soprannome della squadra e dei suoi abitanti. Questione complicata. Ci sono varie teorie. Quattro le più accreditate. La prima non in ordine d’importanza, afferma che un gruppo di marinai della città scalò la colonna di Pompeo nei pressi d’Alessandria d’Egitto intorno al 1781, diventando noti come i “Pompey Boys”, oppure ecco la “Pompee”, una nave francese catturata nel 1793, ormeggiata in porto e demolita venticinque anni più tardi, si passa da Caterina di Braga che donò Bombay a Re Carlo II per il suo matrimonio e i portoghesi notarono una certa somiglianza tra il porto della città indiana e quella inglese a causa dei fondali molto simili, e ciò potrebbe aver portato a ribattezzare Portsmouth ‘Bom Bhia’, anglicizzato in Pompey, infine non escludiamo i Romani che quando il porto incominciò a svilupparsi, l’avrebbero soprannominato Pompei e da lì l’assonanza con Pompey. Meno discussa è l’associazione con l’emblema del club: una stella d'oro che sovrasta una mezzaluna su uno scudo azzurro. Re Riccardo I cuor di leone concesse alla città questo simbolo dopo la presa di Cipro. Curiosità. All'anagrafe di Portsmouth troverete un nome particolare: John Portsmouth Football Club Westwood, professione libraio. Nato nel 1963 ha guadagnato una certa notorietà ed è considerato un simbolo del tifo appassionato. Sempre presente, ha fatto della squadra una ragione di vita, lo noterete immediatamente per via del corpo completamente tatuato, la parrucca a treccine colorate e un lungo cappello a tuba pieno di scacchi bianco blu mentre magari si ostina furiosamente a suonare il ''big bell'' ricordando, vagamente, gli effetti della forza del vento quando smuove i telai degli alberi delle barche a vela mentre vengono riposte in rada. Dal 1950 all’anno di grazia 2008 da Fratton Park sono passati molti giocatori tipo Alan Knight. Solo Jimmy Dickinson ha raccolto più presenze di lui nel Portsmouth e il culto per il portiere nato a Londra è altissimo. La sua vicenda sportiva inizierà quando da ragazzo trascorreva le vacanze estive allenandosi come "apprendista" prima di firmare un contratto a breve termine e debuttare in prima squadra nel 1978 lo stesso anno in cui Admiral presentò la sua innovativa divisa per il Portsmouth. Accumulerà 800 presenze e per i tifosi resterà "The Legend", termine abusato fino alla noia eppure poco circumnavigabile se parli con qualsiasi tifoso della squadra. Nel 1992 lui era in porta durante la semifinale di FA Cup, dove il Portsmouth fu sconfitto dal Liverpool solamente ai calci di rigore dopo due partite furiose e bellissime. Ci sarebbe perfino spazio per chi, guardato con malcelato sospetto, ha fatto il viaggio da Southampton a Fratton Park come nel caso di Alan McLoughlin. Sette anni corredati da 54 goal da centrocampista… infine Guy Whittingham, detto il “Il caporale” uscito curiosamente non da un normale academy clacistica ma da un reparto dell'esercito dove insegnava educazione fisica. Sta di fatto infila 48 reti nella stagione 1992-93 sommate fra tutte le competizioni e nel 1999 tornò a Portsmouth da manager per provare a salvare i blues dalla retrocessione. Dicevamo del 2008, la stagione che riportò la Coppa d’Inghilterra in città dopo sessantanove anni. Non passerà certo alla storia come una delle finali più spettacolari, quello che è certo è che la vittoria del Portsmouth sul Cardiff City per 1-0 fu un evento abbastanza particolare. Per i gallesi, iscritti alla Championship, che col loro unico successo datato 1927 avevano costretto la Football Association a cambiare nome alla coppa dalla stagione successiva: da English Cup a FA Cup. Per i grandi vecchi come Jimmy Floyd Hasselbaink e Robbie Fowler (convocato dopo cinque mesi di stop per infortunio poi, all’ultimo momento, non portato nemmeno in panchina). Per il Portsmouth di Harry Redknapp, che finalmente ebbe la possibilità di conquistare davvero qualcosa d’importante. I Pompey’s avevano addobbatoi lo spogliatoio con discreta collezione di vecchie glorie: David James, Sol Campbell, Nwankwo Kanu. E proprio al centravanti nigeriano toccherà l’onore di firmare il successo dentro il fiammante, nuovissimo Wembley, sfruttando un errore del portiere del Cardiff a otto minuti dalla fine del primo tempo. Successivamente con la decisione del tribunale di Portsmouth che impose alla proprietà la vendita dello stadio ai tifosi cadde l’ultimo ostacolo alla realizzazione della più grande acquisizione di un club di calcio da parte dei propri sostenitori nella storia del Regno Unito. Il Portsmouth FC diventerà quindi proprietà del Pompey Supporters Trust (PST): un’associazione nata dal basso che attraverso collette, organizzazioni di partite amichevoli e il contributo degli azionisti riuscirà a salvaguardare il club dal fallimento incombente. Una svolta, l’azionariato popolare, alternativa credibile a quelle proprietà – spesso difficili da rintracciare nella miriade di holding dietro di cui si nascondono – che utilizzano le squadre di calcio alla pari di lavanderie e poi le lasciano fallire scappando con il bottino o scappando e basta. Così mentre un gabbiano si posa sul tetto della Milton End e i venti della Manica fanno garrire le bandiere del Fratton, finalmente: “Play up Pompey.”
Foto (maggio 2016)

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