sabato 10 ottobre 2020

NEWELL'S CAMPEON


Francisco Oscar Lamolina detto “Pancho” aprì l’ombrello gentilmente prestatogli da un inserviente del grande stadio bonaerense e per un attimo gli parve che tutta quella pioggia stesse cadendo solo per lui. Lamolina era l’arbitro assegnato per dirigere l’incontro di ritorno fra il Boca Juniors e il Newell’s Old Boys valido per l’assegnazione del titolo argentino della stagione 1990/91 a conclusione di un annata calcistica che aveva visto dapprima il club di Rosario imporsi nell' "apertura" e successivamente il Boca nel “clausura”. La partita disputata al "Gigante de Arroyito" a causa dell'indisponibilità del "Coloso" se l’erano aggiudicata i padroni di casa 1-0 grazie a un gol di Eduardo Berizzo. Lamolina, baffi da sergente di fanteria e sguardo di chi sfida il destino, sbucò dalle viscere della Bombonera per constatare le condizioni del terreno di gioco e lo accolse un ovazione mista fra l'abituale disprezzo per ogni direttore di gara e la malcelata aspettativa che decidesse di far giocare la partita nonostante le condizioni avverse. Cinquantamila facce spiritate attendevano un segno, un cenno, un buon rimbalzo del pallone su quel terreno diventato quasi palude ma che con sforzo ancestrale provava ancora a sputare acqua da ogni poro per consentire l’ennesimo delirio alla storia calcistica del Boca. Nello spogliatoio del Newell’s il silenzio era rotto solo dal ticchettio di un orologio le cui lancette sembravano scorrere più velocemente di quelle degli altri come se il tempo fosse una variabile impazzita agli ordini del cuore e non alle leggi della fisica. Per Marcelo Bielsa, allenatore della “Lepra”, l'unica tempistica che indicasse chiaramente una direzione era solamente il secondo principio della termodinamica, la legge sull'entropia. L'entropia doveva aumentare in correlazione al calcio d’inizio.
 
Tic, tac, tic, tac. Ogni momento, ogni attimo si dilatava nell' attesa che il pallone tornasse a rotolare sufficientemente bene. Marcelo Bielsa aveva smesso di giocare presto e fino all’anno precedente girava l’Argentina a bordo della sua Fiat 147 facendo l’osservatore per il club rossonero di Rosario scuriosando e prendendo appunti su campi sterrati e infidi dove in linea di massima le partite finivano a botte e il risultato archiviato in fretta. Un giorno Bielsa suonò a un appartamento alle tre di notte. Ci abitavano i coniugi Pochettino e loro figlio, un ragazzino di appena tredici anni. La madre pensò a uno scherzo inopportuno, oppure a uno strampalato tentativo di furto ma Bielsa, serafico, la tranquillizzò immediatamente:
 
“Signora, non si preoccupi sono qui per conto del Newell’s, mi hanno parlato bene di vostro figlio Mauricio e lo vorrei vedere all’opera”.
 
“Ma lei è pazzo a quest’ora?”
 
Bè che c’è di strano?.
 
Effettivamente qualcosa di strano c’era ma non formalizziamoci troppo, d’altro canto un motivo per cui lo chiamano “El Loco” ci doveva pur essere. Eppure matto o meno il frenetico Marcelo Bielsa riusciva a scovare talenti e portarli nell’ufficio del presidente Jorge Griffa che a un certo momento s’invaghì talmente tanto delle intuizioni del suo scout da affidargli le chiavi della prima squadra. E con stile Bielsa la trascinò subito alla conquista del titolo diventando l’allenatore più giovane nella storia del calcio argentino a vincere un campionato. Si, perché alla fine la partita si giocò.
 
Caminito, Cafè Tortoni e botteghe vuote causa partita.
 
In entrambe le squadre c’erano assenze pesanti. A dieci minuti dal termine, quando lo 0-0 sembrava risultato inappellabile e il fango aveva già fagocitato papelitos e reso irriconoscibili i giocatori, Gerardo "La Vieja" Reinoso fece esplodere la Bobonera impattando il punteggio in ottica doppia sfida. Poi ci sarà parità anche nelle espulsioni: Juan Simon e Cristian Domizzi verranno allontanati nei supplementari per reciproche scorrettezze. Il fatto è che nessuno aveva mai vinto un trofeo in casa del Bombonera. E invece sarà proprio sotto la vena più grossa dello stadio dedicato alla memoria di Alberto Jacinto Armando che il capelluto Norberto Hugo Scoponi detto “El Gringo” si inventò, fra pantano e tensione, il pomeriggio della sua vita. Nell’epilogo dei tiri dal dischetto parò tre rigori. Il primo con un ginocchio a Alfredo Graziani, il secondo ribattendo con i gomiti il tiro di Claudio Rodriguez e infine il terzo deviando sopra la traversa la botta di Rinaldo Pico. Il Newell’s sarà infallibile dagli undici metri. Navarro Montoya, ultimo custode dell’inviolabilità del tempio, non ne indovinò uno. I centri di Berizzo, Llop, e Julio Zamora basteranno a piegare la matematica e il Boca Juniors, e a far diventare “Supercampeon” il Rojo y Negro.

 

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