"Non
siamo fatti per piacervi. Non vogliamo piacere a nessuno. Ci basta
l’amore della nostra gente, ci basta il respiro delle nostre “Diagonal”. E a chi ci critica mostriamo una foto in bianco e nero scattata all’
Old Trafford di Manchester la sera del 16 ottobre 1968 dove Carlos
Salvador Bilardo, portato in trionfo, mostra a petto nudo il pugno
chiuso in segno di vittoria al pubblico inglese ammutolito dagli occhi
isterici di Juan Ramon Verón, detto “la Bruja”, che con la sua rete ci
ha regalato la coppa più importante di tutte."
Oltre alla strega c’era un
maestro: Osvaldo Juan Zubeldía. Bilardo e Zubeldía erano legati da una
splendida relazione di fiducia. Non era il semplice rapporto
professionale tra allenatore e giocatore era qualcosa di più profondo:
una stima reciproca e incondizionata protratta per anni. Quest' empatia
avrebbe consegnato in eredità a Carlos Bilardo tanti insegnamenti sia
sul lato umano, sia sul piano prettamente tecnico, perché nelle carte
del destino c’era scritto che un giorno Carlos sarebbe diventato
direttore tecnico della nazionale argentina campione del mondo. Zubeldía
non poté assistere al trionfo del suo “ragazzo” in terra messicana: il
17 gennaio del 1982 morì prematuramente. Eppure la sua figura non è mai
stata dimenticata, così come sono ancora vivi i ricordi di quel
capolavoro calcistico realizzato sul finire degli anni sessanta, ovvero
quello del grande Estudiantes La Plata.
L’Estudiantes nacque nel
1905 da una costola di studenti in medicina ribellatesi al Gimnasia a
cui imputavano la grave colpa dell’abbandono del calcio dalle loro
discipline sportive. La squadra assurse alle cronache a partire dagli
anni trenta quando poteva vantare una formidabile linea d’attacco
composta dal quintetto, Lauri, Scopelli, Zozaya, Ferreira e Guaita.
Ma
le imprese del cuore hanno date precise. Nel 1967, per la prima volta, i
biancorossi spezzarono l’egemonia della capitale conquistando il
campionato. L' alchimista accese la fiamma del becco di Bunsen creando
una chimica fatta di carattere e spirito di sacrificio. Oltre a Bilardo e
al talento di Verón, emerse il terzino Oscar Malbernat e il centrale
Ramón Aguirre Suárez. L’anno seguente, al termine di una marcia
trionfale, l’Estudiantes riuscì a diventare meritatamente campione del
Sudamerica dopo aver surclassato in finale i temibili brasiliani del
Palmeiras. Fu il primo successo di una “piccola” che stava diventando
sempre più importante. Nel frattempo a La Plata si attendeva con
impazienza il nome degli avversari per la Coppa Intercontinentale. Il
verdetto arrivò alla fine del maggio 1968 con la consacrazione europea
del Manchester United del trio Law-Charlton-Best. I favori del
pronostico erano tutti per gli inglesi i quali effettivamente vantavano
un potenziale tecnico migliore. La prima delle due attese partite si
giocò a Buenos Aires e non a La Plata, visto che La Bombonera era ben
più capiente del Jorge Luis Hirsh, detto familiarmente 1 y 57,
(dall’incrocio della scacchiera topografica locale) in cui giocavano
abitualmente i biancorossi.
Il 25 settembre l’Estudiantes
capitanato da Oscar Malbernat s’imporrà 1-0 con una tipica incornata di
Marquitos Conigliaro e nonostante la continua pressione, gli attacchi
argentini sul terreno accidentato della Bombonera non approdarono ad
altro. Il match diventò nervoso, Nobby Stiles e Bilardo se le daranno di
santa ragione e il pareggio di Sadler fu annullato per fuorigioco. Nel
finale Stiles verrà espulso per offese all’arbitro paraguaiano Miranda.
Tuttavia soltanto il più fiducioso dei tifosi dell’Estudiantes poteva
pensare che la pratica fosse sbrigata. C’era da giocare il ritorno a
Manchester il 16 ottobre. E sarà lì che si scriverà la pagina decisiva.
Ad
Old Trafford presero posto oltre 60mila tifosi desiderosi di gustarsi
una vittoria dei loro beniamini. L’Estudiantes scese in campo con la
stessa formazione dell’andata. Davanti al portiere Alberto Poletti si
schierarono Malbernat, Ramón Aguirre Suárez, Raúl Madero e José Medina, a
centrocampo Carlos Bilardo, Carlos Pachamé e Néstor Togneri, in attacco
Felipe Ribaudo, Marcos Conigliaro e Juan Verón “La Bruja”, che nel suo
antro preparava il colpo diabolico. Sette minuti dal fischio d’inizio e
Madero si incaricherà della battuta di un calcio di punizione. Lo
indirizza con un sinistro ad effetto sul secondo palo per l’accorrente
Verón che volando sulla sua scopa colpisce la palla di testa gelando il
portiere Stepney e l’intero stadio. L’Estudiantes dovrà soffrire ancora
moltissimo. Il Manchester United ferito si scaraventera' subito in
avanti alla ricerca del pareggio. Il “Pincha” si difese, resistendo,
provando a controbattere. Ogni giocatore di Zubeldía sapeva cosa fare,
chi marcare, quando e se attaccare, dove e con quale intensità pressare
l’avversario. Togneri si attaccherà a Bobby Charlton, forse lo
accompagnerà a casa. Verso la fine del primo tempo, Denis Law sarà
costretto ad abbandonare il terreno di gioco, al suo posto entrò il
promettente Carlo Sartori, italiano di nascita. Nella ripresa il copione
non cambierà. A venti dal termine Osvaldo Zubeldía sostituisce Felipe
Ribaudo con il giovane talento Juan Echecopar, che proprio quel giorno
festeggiava il suo ventiduesimo compleanno. I tifosi argentini
dall’altra parte dell’Oceano seguirono la partita alla radio ascoltando
la cronaca del celebre José María Muñoz, che commentò con trasporto le
gesta degli uomini di “Paleta” (nomignolo affibbiatogli da ragazzino nel
barrio di Villa Ortega a Junin). La tensione dei minuti finali portò a
un paio di espulsioni. L’arbitro Yugoslavo Zacevic cacciò dal campo sia
Medina che Best, autori di reciproche scorrettezze, mentre a tempo
scaduto il Manchester United trovò un sussulto d’orgoglio con Willie
Morgan pareggiando il match. Troppo tardi, l’illusoria riscossa dei Red
Devils si infranse sul triplice fischio finale dell’arbitro in
un’atmosfera mesta. L’Estudiantes era campione del mondo sotto i
riflettori velati dalla foschia.
Si Señor
martedì 6 ottobre 2020
PINCHA '68
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