martedì 6 ottobre 2020

PINCHA '68


"Non siamo fatti per piacervi. Non vogliamo piacere a nessuno. Ci basta l’amore della nostra gente, ci basta il respiro delle nostre “Diagonal”. E a chi ci critica mostriamo una foto in bianco e nero scattata all’ Old Trafford di Manchester la sera del 16 ottobre 1968 dove Carlos Salvador Bilardo, portato in trionfo, mostra a petto nudo il pugno chiuso in segno di vittoria al pubblico inglese ammutolito dagli occhi isterici di Juan Ramon Verón, detto “la Bruja”, che con la sua rete ci ha regalato la coppa più importante di tutte."

Oltre alla strega c’era un maestro: Osvaldo Juan Zubeldía. Bilardo e Zubeldía erano legati da una splendida relazione di fiducia. Non era il semplice rapporto professionale tra allenatore e giocatore era qualcosa di più profondo: una stima reciproca e incondizionata protratta per anni. Quest' empatia avrebbe consegnato in eredità a Carlos Bilardo tanti insegnamenti sia sul lato umano, sia sul piano prettamente tecnico, perché nelle carte del destino c’era scritto che un giorno Carlos sarebbe diventato direttore tecnico della nazionale argentina campione del mondo. Zubeldía non poté assistere al trionfo del suo “ragazzo” in terra messicana: il 17 gennaio del 1982 morì prematuramente. Eppure la sua figura non è mai stata dimenticata, così come sono ancora vivi i ricordi di quel capolavoro calcistico realizzato sul finire degli anni sessanta, ovvero quello del grande Estudiantes La Plata.

L’Estudiantes nacque nel 1905 da una costola di studenti in medicina ribellatesi al Gimnasia a cui imputavano la grave colpa dell’abbandono del calcio dalle loro discipline sportive. La squadra assurse alle cronache a partire dagli anni trenta quando poteva vantare una formidabile linea d’attacco composta dal quintetto, Lauri, Scopelli, Zozaya, Ferreira e Guaita.

Ma le imprese del cuore hanno date precise. Nel 1967, per la prima volta, i biancorossi spezzarono l’egemonia della capitale conquistando il campionato. L' alchimista accese la fiamma del becco di Bunsen creando una chimica fatta di carattere e spirito di sacrificio. Oltre a Bilardo e al talento di Verón, emerse il terzino Oscar Malbernat e il centrale Ramón Aguirre Suárez. L’anno seguente, al termine di una marcia trionfale, l’Estudiantes riuscì a diventare meritatamente campione del Sudamerica dopo aver surclassato in finale i temibili brasiliani del Palmeiras. Fu il primo successo di una “piccola” che stava diventando sempre più importante. Nel frattempo a La Plata si attendeva con impazienza il nome degli avversari per la Coppa Intercontinentale. Il verdetto arrivò alla fine del maggio 1968 con la consacrazione europea del Manchester United del trio Law-Charlton-Best. I favori del pronostico erano tutti per gli inglesi i quali effettivamente vantavano un potenziale tecnico migliore. La prima delle due attese partite si giocò a Buenos Aires e non a La Plata, visto che La Bombonera era ben più capiente del Jorge Luis Hirsh, detto familiarmente 1 y 57, (dall’incrocio della scacchiera topografica locale) in cui giocavano abitualmente i biancorossi.

Il 25 settembre l’Estudiantes capitanato da Oscar Malbernat s’imporrà 1-0 con una tipica incornata di Marquitos Conigliaro e nonostante la continua pressione, gli attacchi argentini sul terreno accidentato della Bombonera non approdarono ad altro. Il match diventò nervoso, Nobby Stiles e Bilardo se le daranno di santa ragione e il pareggio di Sadler fu annullato per fuorigioco. Nel finale Stiles verrà espulso per offese all’arbitro paraguaiano Miranda. Tuttavia soltanto il più fiducioso dei tifosi dell’Estudiantes poteva pensare che la pratica fosse sbrigata. C’era da giocare il ritorno a Manchester il 16 ottobre. E sarà lì che si scriverà la pagina decisiva.

Ad Old Trafford presero posto oltre 60mila tifosi desiderosi di gustarsi una vittoria dei loro beniamini. L’Estudiantes scese in campo con la stessa formazione dell’andata. Davanti al portiere Alberto Poletti si schierarono Malbernat, Ramón Aguirre Suárez, Raúl Madero e José Medina, a centrocampo Carlos Bilardo, Carlos Pachamé e Néstor Togneri, in attacco Felipe Ribaudo, Marcos Conigliaro e Juan Verón “La Bruja”, che nel suo antro preparava il colpo diabolico. Sette minuti dal fischio d’inizio e Madero si incaricherà della battuta di un calcio di punizione. Lo indirizza con un sinistro ad effetto sul secondo palo per l’accorrente Verón che volando sulla sua scopa colpisce la palla di testa gelando il portiere Stepney e l’intero stadio. L’Estudiantes dovrà soffrire ancora moltissimo. Il Manchester United ferito si scaraventera' subito in avanti alla ricerca del pareggio. Il “Pincha” si difese, resistendo, provando a controbattere. Ogni giocatore di Zubeldía sapeva cosa fare, chi marcare, quando e se attaccare, dove e con quale intensità pressare l’avversario. Togneri si attaccherà a Bobby Charlton, forse lo accompagnerà a casa. Verso la fine del primo tempo, Denis Law sarà costretto ad abbandonare il terreno di gioco, al suo posto entrò il promettente Carlo Sartori, italiano di nascita. Nella ripresa il copione non cambierà. A venti dal termine Osvaldo Zubeldía sostituisce Felipe Ribaudo con il giovane talento Juan Echecopar, che proprio quel giorno festeggiava il suo ventiduesimo compleanno. I tifosi argentini dall’altra parte dell’Oceano seguirono la partita alla radio ascoltando la cronaca del celebre José María Muñoz, che commentò con trasporto le gesta degli uomini di “Paleta” (nomignolo affibbiatogli da ragazzino nel barrio di Villa Ortega a Junin). La tensione dei minuti finali portò a un paio di espulsioni. L’arbitro Yugoslavo Zacevic cacciò dal campo sia Medina che Best, autori di reciproche scorrettezze, mentre a tempo scaduto il Manchester United trovò un sussulto d’orgoglio con Willie Morgan pareggiando il match. Troppo tardi, l’illusoria riscossa dei Red Devils si infranse sul triplice fischio finale dell’arbitro in un’atmosfera mesta. L’Estudiantes era campione del mondo sotto i riflettori velati dalla foschia.

Si Señor


 

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