Gigi Marulla come una varchiglia di Renzelli, come una poesia di Ciardullo, come una pagina di Telesio. Marulla adorato a Cosenza e dalla sua provincia. Dai Casali al Manco, dalla bizantina Rossano fino ad Amantea hanno avuto il loro Maradona senza eccessi. Calabrese buono, Gigi. Solidale e amico della Terra di Piero, laggiù in Calabria dove il pallone sembra avere un suono diverso, un rimbalzo più duro. Rimbomba tra i monti della Sila, rotola lungo il Crati, attraversa vicoli stretti e piazze acciottolate in cui il tempo evapora scorrendo con maggior lentezza. A Cosenza fra le mura normanne, il calcio è faccenda sentimentale, da fiori d’arancio, forza di un rito sociale al labile confine con il sacro come lo definì Pasolini. Luigi “Gigi” Marulla resta nome che a distanza di anni vibra alla pari di una danza dal sapore antico. Quando nel luglio del 1991 il Cosenza affrontò la Salernitana nello spareggio salvezza di Pescara, la città intera restò sospesa, immobile. Era il 16 giugno, stadio Adriatico, quinto minuto del primo tempo supplementare: sudore, caldo e afa ad accorciare il respiro. Marulla è pronto a battere dagli undici metri, la palla sul dischetto di gesso, le mani sui fianchi, gli occhi fissi sul pallone, quel numero 9 sulle spalle a indicarne la cabala delle gesta. La rete si gonfia, salvezza, pandemonio. Quello non fu solo un goal: fu la definizione stessa della fatalità calcistica cosentina. Più di un successo, più di una promozione: fu l’attestazione identitaria di una squadra e di un popolo che viveva il calcio non come normale passatempo ma come appartenenza totale. “Marulla è il Cosenza”, dicono ancora oggi i tifosi al San Vito-Gigi Marulla, lo stadio che reca inciso il suo nome come si affigge quello di un santo sopra una teca di vetro con le reliquie. Perché per Cosenza, Marulla non è mai stato solamente un attaccante. È stato il capitano, il simbolo, il trascinatore. Un uomo che scelse la polvere della provincia quando avrebbe potuto andare altrove, che sposò la maglia rossoblù dei "lupi" come si sposa la donna della vita. Un uomo buono, di altri tempi si dice alle volte con troppa facilità e retorica, senonché Marulla fu davvero "bomber" di rara pregevolezza, per i bambini uno spasso, un cartone animato che sconfiggeva i cattivi del mondo. Quando mise piede a Cosenza aveva appena compiuto vent’anni e, curiosamente, prima della calvizie inclemente, aveva una montagna di riccioli in testa. Era l’estate del 1982, quella indimenticabile del Mundial spagnolo. Gigi Marulla da Stilo, un bel presepe di pietra bizantina arroccato in provincia di Reggio Calabria e affacciato sullo spumeggiare dello Jonio. Si era messo in luce nell’Acireale guidato in panchina guarda caso proprio dal cosentino Franco Gagliardi. A Cosenza finalmente avevano costruito una società affidabile con Cenzino Morelli al timone dopo la promozione in C1 e non ci vorrà molto a convincerli. Il giovane Marulla (mutuando Salinger) giocherà un precampionato eccellente ritagliandosi subito un posto da titolare con mister Lucio Mujesan ma alla seconda giornata, a Livorno, il ginocchio cedette e Gigi sarà costretto a rimanere fuori per diversi mesi. Rientrerà dopo la sosta natalizia quando al posto di Mujesan era già arrivato Lino De Petrillo e per chi è appassionato di statistiche, il 9 gennaio 1983 passò agli annali come il giorno del primo goal di Marulla con la maglia del Cosenza. Accadde al San Vito al 12’ del secondo tempo in un Cosenza-Casertana 1-1. Un magnifico goal di testa sotto la Curva Sud. Poi pareggerà l’ex romanista Casaroli. Gigi è un attaccante che fa dello scatto fulmineo e della rapidità la sua arma migliore. Ha un’accelerazione nel breve che è fenomenale e nonostante non sia molto alto, stacca di testa che è una meraviglia. Insomma, ha il fiuto della porta avversaria nel sangue; eppure, non è il classico centravanti che aspetta la palla in mezzo all’area. Lui la cerca, se la va a prendere, ha una ottima tecnica individuale, il dribbling lo esalta, il pubblico naturalmente apprezza. Non fu facile per lui recuperare il ritmo della partita dopo molti mesi di convalescenza, servirà attendere un po' di tempo per il secondo acuto, che giungerà di nuovo dentro al San Vito il 13 marzo in Cosenza-Paganese 3-0. Gigi segna il terzo gol in apertura di ripresa dopo quelli siglati da Conte e Orlando. Poi si apriranno altre porte, a Cosenza fece ritorno nel 1989 dopo le esperienze con le maglie di Genoa e Avellino. Tuttavia, in quella pausa lontano dalla Calabria i suoi centri continuarono a mitigare le delusioni e le amarezze della vita dei cosentini. Già andavano così le cose a Cosenza, anche quando le reti, Marulla, le faceva per un’altra tifoseria. I Lupi stavano perdendo, ma attenzione gridavano le radioline di tutto il calcio minuto per minuto “il Genoa è in vantaggio, rete di Marulla” con allegato boato del San Vito, incomprensibile forse ma sincero. Trattasi semplicemente di vero amore. A Cosenza fra primo e secondo atto resterà per quasi undici anni, scrivendo la storia del club rossoblù: 330 presenze, una novantina di reti, record ancora imbattuti. Ma la fredda matematica, i numeri, da soli, non bastano a spiegare il legame d’affetto. Marulla era il sorriso umile di chi non si è mai montato la testa, l’abbraccio al compagno che sbaglia, la corsa sotto la curva dopo ogni goal, le mani alzate verso il cielo a picco di Calabria. Anche dopo il ritiro, quando il fisico gli impose un passo indietro, Marulla volle restare a Cosenza. Allenatore, dirigente, presenza discreta ma costante. Era uno di famiglia, uno che al bar del centro lo salutavi per nome, ci scherzavi, come un vecchio amico. Finché il 19 luglio 2015, il suo cuore si fermerà all’improvviso, pare, a causa di una congestione dopo aver bevuto una bibita ghiacciata. Manco a farlo apposta alla vigilia dell’anniversario del suo rigore più famoso. Un crudele, infame, scherzo del destino. Il dolore fu collettivo, sincero, autenticamente popolare. Alle esequie, tutta la città si strinse attorno al feretro e alla sua famiglia. E il San Vito, che aveva esultato per ogni suo goal, si trasformò in una sorta di basilica laica dove scorrevano lacrime e cori. Da allora, il suo nome campeggia sopra l’ingresso dello stadio. San Vito-Gigi Marulla: come a dire che per fortuna il calcio, qui, è ancora fatto anche di memoria, di riconoscenza, di gratitudine per un calciatore divenuto esempio comportamentale. Certo, il rischio di cadere nella retorica è sempre enorme solo è vero che le bandiere non moriranno mai perchè quando il calcio diventa passione, si rimane eterni. E poi i lupi ululano solo alla luna.
giovedì 19 giugno 2025
COSENZA, MARULLA 9 PER SEMPRE
Errata Corrige. Anzi no, per niente. Un miliardo e ottocento milioni di vecchie lire che turbavano le notti dei tifosi cosentini alle prese con il dramma sportivo di non vedere più il loro amato centravanti allietare le domeniche. “Vestirà comunque in rossoblù”, era il pensiero consolatorio che circolava ma a cui non credeva nessuno. L’unica certezza fu che l’estate del 1985 sarebbe stata quella del distacco. Un venditore ambulante di frutta in via Panebianco trovò anche il modo per sublimarlo: “Miluni ara Gigi Marulla” recitava la pubblicità vergata a mano su un cartone appeso davanti alla bancarella. L’ultimo dolce prima dell’amaro. Senza Marulla il Cosenza, impegnato in serie C1, iniziò balbettando. Alla sesta giornata in casa contro il Siena di uno scatenato Fermanelli (autore di una tripletta) il punteggio diventò impietoso: 1-4. Ad un certo punto però le radioline collegate con "tutto il calcio minuto per minuto" gracchiarono la voce impostata di Ezio Luzi che interruppe dallo studio per il consueto aggiornamento sui risultati di B e dando atto del vantaggio del Genoa sul Cesena. Allora l’aria sul San Vito si fece rarefatta. “Ha segnato… Marulla”, e l’urlo collettivo dei presenti scosse le fondamenta delle tribune. Un boato, intenso, prolungato. Tanti altri partiranno ancora da quei gradoni negli anni a venire, quando di nuovo Gigi tornerà a Cosenza. Eppure, quello, dicono loro, resterà il più disperato e tenero mai sentito.
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