La signora MacLeod sarebbe dovuta
apparire in primo piano, sorridente e vestita con semplicità. Avrebbe dovuto
dire che era la moglie di Ally, l'allenatore di quella invincibile armata del
calcio e a quel punto tutte le casalinghe di Scozia, secondo i piani, si
sarebbero precipitate a fare acquisti al supermercato. Non si conosce con
esattezza la cifra spesa per l’iniziativa pubblicitaria, si sa solamente che
quel contratto, dopo il crollo della nazionale ai campionati del Mondo, fu
invalidato e la catena di grandi magazzini in questione si rivolse
immediatamente ad altri mezzi di seduzione del consumatore. Nel giorno della partita contro
l'Olanda valida per i mondiali del 1978 (ossia la resa dei conti del girone), i
parsimoniosi scozzesi oltre ai calcoli sulla qualificazione si misero a fare
anche un altro tipo di conti, quantificando quello che sarebbe costato
l'eventuale mesto ritorno a casa della loro squadra. Secondo un computo che
teneva presente diversi aspetti, il mancato passaggio del turno avrebbe
comportato una perdita economica di oltre un milione di sterline. Dentro la bolla speculativa
c’erano gli accordi con la casa automobilistica Chrysler (300 mila sterline per
pubblicizzare un nuovo modello attraverso i 22 nazionali), con l'industria
discografica capeggiata da Rod Stewart e Andy Cameron (lancio di dischi
commemorativi inneggianti al successo nella Coppa del Mondo), e con il settore
tessile per via di magliette, camicie e bandiere incensate di vittoria.
Qualcuno, probabilmente in malafede, dirà che la privazione finanziaria superò
perfino la delusione dei tifosi. Insomma parve che la sconfitta sul campo
dovesse passare in secondo piano davanti alla quantità enorme di soldi che
velocemente scivolarono via come un ruscello nelle Highlands. E molti scozzesi, disposti a
perdonare le disavventura sportiva, non dimenticarono l'affronto subito dai
loro portafogli. Questo perché quella di Ally
MacLeod era stata davvero una spedizione iniziata alla grande fra suoni di
cornamuse e canti di trionfo. Il giorno della partenza da Glasgow la squadra al
completo sfilò davanti alle tribune stipate ed impazzite di Hampden e i
giocatori avevano alzato le braccia, avevano salutato tutti, promettendo di
tornare cinti d’alloro. Il segretario della Federazione,
Ernie Walker, aveva portato gli auguri della regina (non a tutti ovviamente
graditi), e il presidente Willie Harkness lesse commosso il telegramma del
primo ministro Jim Callaghan mentre i giocatori, già sulla scaletta dell'aereo,
mostravano le loro facce belle determinate sotto un cielo di piombo. Ally
MacLeod, tipo spaccone e fin troppo sanguigno nato ad Ayr, aveva guardato fisso
il barbuto capitano Danny McGrain del Celtic, e senza incertezze gli disse:
“Danny, sarai il primo a bere nella coppa”. Ora si capisce benissimo che
evidentemente Ally non aveva presente la nuova coppa FIFA presentata quattro
anni prima ai mondiali tedeschi, altrimenti si sarebbe reso conto che non si
trattava di un modello da poter riempire con dello champagne. Ma al di là di
questo banale dettaglio, evidentemente il manager riteneva più o meno
sprovvedutamente che gli avversari fossero totalmente alla loro portata. L'arrivo in Argentina era stato trionfale.
Ally MacLeod volle subito ripetere il suo mantra carico di certezze davanti ai
giornalisti argentini presenti, stupiti da tanta sicurezza, che subito si
precipitarono nelle redazioni a scrivere sui loro giornali cose magnifiche
sulla Scozia, inserendola di diritto fra le favorite d’obbligo. D’altra parte,
le testate locali promossero una tacita simpatia nei confronti dei blu dovuta
in parte al carattere estroverso degli scozzesi, in parte alla volontà polemica
di accentuare l’astio e la presa in giro verso l’Inghilterra, colpevole di non
essere riuscita a qualificarsi per la fase finale. La giunta militare di
Videla, insomma, dimostrando amicizia e comprensione verso gli scozzesi, pensò
di ribadire, senza dirlo, la sua avversione al governo di Londra, un
insofferenza che poi sfocerà a suo tempo con la guerra per il possesso degli
scogli delle isole Falkland o Malvinas. Turbolenti, insofferenti delle
norme, istintivi, poco disposti al sacrificio del silenzio, in breve i ragazzi
di MacLeod trasformarono il ritiro in una specie di perenne festa a base di
risate e birra. Già alla cerimonia di accreditamento divertirono i presenti per
la loro "indomita" resistenza all'alcol; ma fu il campo, nei giorni
seguenti, a distruggere ogni chimera di grandezza. Teofilo Cubillas e il suo
Perù li presero letteralmente a pallonate demolendone il castello di carte. E’
vero, qualche giustificazione ci sarebbe: la Scozia dovette rinunciare a buona
parte della difesa titolare, ai due terzini Willie Donachie e Danny McGrain, e
al centrale Gordon McQueen. La scelte di MacLeod caddero su
Stuart Kennedy, Martin Buchan e Kenny Burns. Il talento Graeme Souness restò in
panchina per far posto allo stagionato Don Masson (certo, eroe di Liverpool
nella partita decisiva per la qualificazione contro il Galles, ma in quel
momento obiettivamente fuori forma), escludendo anche il bomber dei Rangers
Derek Johnstone che aveva appena chiuso la stagione siglando 41 reti e al quale
venne preferito Joe Jordan. Una mossa, quest’ultima, che lasciò molto
perplessi, nonostante inizialmente abbia dato buoni frutti visto che al minuto
quattordici “lo Squalo” raccolse un passaggio di Bruce Rioch facendo esultare
la Tartan Army. Il Perù non era una banda di
sprovveduti suonatori di flauto; Cubillas, uno dei reduci di México '70, iniziò
a dettare legge mentre sulle fasce Kennedy e Buchan arrancavano maledettamente
dietro la frenesia e gli scatti velenosi delle ali Oblitas e Muñante. Prima dell’intervallo Cueto aveva
pareggiato la rete di Jordan e l’incapacità scozzese di prendere le misure ai
peruviani apparve preoccupante. Una matassa che MacLeod non seppe sbrogliare.
L’inerzia della partita infatti non si modificò, nemmeno la dea bendata si
mosse per la Scozia: il colpo di testa di Jordan finì sul palo e il rigore di
Masson fu respinto dal “Loco Quiroga”. A quel punto iniziò lo show di
Cubillas e fu notte fonda; doppietta del mago peruviano e 3-1 al fischio finale
gli Scozzesi uscirono con il morale sotto i tacchetti e il ricordo dei
festeggiamenti dell’Hampden Park evaporò come se fosse lontano intere decadi
piuttosto che poche settimane. In ogni caso qualche simpatia da
parte del pubblico MacLeod e compagnia ce l'avevano ancora; vuoi perché l’uomo
in kilt è un po' alla stregua di certi personaggi dell’opera che - felicissimo
o tristissimo, baciato dalla buona sorte o trafitto dalle avversità -, invece
di ridere o piangere, invece di esaltarsi o accasciarsi, canta. “Oh, accidenti
come canta bene il tifoso scozzese”: e pure canzoni belle, romantiche con un
ideale sottofondo di prati, boschi e di valli risalite da nebbie perenni.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEif4w1r4usUdM0_6aPkclfqlmTsTgB4NQJ-tywldg_zwNCzaTZHtBSbzjsPTXjAeE3TunKRIMzfJ5pIcgr-Avr5rhQUzuEC820xggzIE9zMovK_lyslA5zoI1HbzQwlyhDiAUIEnIhyphenhyphenTkoA/s320/f8ff73330656705743ed138f4f925c81.jpg)
Ma bastò una comunicazione
ufficiale della FIFA al medico della squadra, John Fitzsimons, per cancellare
la Scozia dal cuore degli argentini. La comunicazione parlava di doping, di
sostanze “stimolanti” ingerite da Willie Johnston, ala sinistra del West
Bromwich, prima della partita col Perù. Furono ore di tensione, di voci
contrastanti, poi il giocatore ammise il suo peccato venendo immediatamente
punito dalla federazione che lo bandiva per sempre dalla nazionale. La tensione si alzò
esponenzialmente dopo il magro pareggio con la cenerentola Iran. Alla
conferenza stampa l'atmosfera era plumbea, MacLeod tentò di rasserenarla
avvicinandosi a un cane e cominciando ad accarezzarlo: "Almeno è rimasto
questo cane a volermi bene". La bestia si girò di scatto e lo morse. In
patria i sociologi lanciarono grida di allarme parlando di lacerazioni, di
immagini da ricostruire, mentre intanto a Mendoza, davanti all'Olanda, la Scozia
si preparava a giocare una partita impossibile che a posteriori risultò
inutile, perfino triste, una partita che valse soltanto titoli sottotono.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwR1MDi85j24Rl340H8H80Ul3Xg8rjkV-HYu3NT_vNNysLeH9pgtndUDg9C035WwxKtY_XsfHXzrBCOu8RQAg_Kdj4nM6yENsvGVxeT7D4RLZkWoOk0MwcWw1kxz2eF4BZEbQhcmBK5-IM/s320/Archie+Gemmill+scores+for+Scotland.jpg)
La Scozia aveva bisogno non solo
di vincere ma anche di farlo con tre reti di scarto, per accedere alla fase
successiva. Un'impresa che apparve disperata contro i fortissimi orange pur
privi del faro Cruijff. L’11 di giugno. Inaspettatamente, ad un tratto le cose
parvero prendere una piega interessante: sul 2-1 per le maglie con il leone
rampante rosso, Archie Gemmill si costruì un fantastico goal accendendo candele
nelle case scozzesi come nella notte di Natale. Ma ogni speranza sarà
immediatamente strozzata dalla bordata di Johnny Rep che non lasciò scampo a
Alan Rough. Il compito non riuscì, il capolavoro di Gemmill venne immortalato
da una ballata scritta dal poeta Alastair Mackie, dal titolo The Nutmeg Suite,
ma servì solo a scaldare un po’ i cuori. Forse, paradossalmente, l'unico a
trarre guadagno da questa avventura ingloriosa sarà proprio il sottile Ally
MacLeod. Un quotidiano, lo Scottish Daily Express, gli chiederà di scrivere di
suo pugno, ora per ora, il diario dell'umiliazione. Settemila sterline il
prezzo pattuito e sembra che un barlume di sorriso gli apparve sotto gli occhi
vacui.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHp7lgEDHivpNeLyscvraozG0RYCQiXBWq6amTF3ok2o_XBOsCK6u_LBbVNemVUuooigDaEdoQEXoNK96-Z42Dv5e6mfTjBE9KhUO5uzHGGjzDCfDX2TJ5nJm0TbYKKXniR9bsU353dw3o/s320/TELEMMGLPICT000165492945_trans_NvBQzQNjv4Bq2UT24tysUNS89v637bWo7vE4nd2vQN8adUMzX9oYk34.jpeg) |
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